Home Cultura

La cultura serve al presente

Un incontro a Maxxi per discutere dello stato dell’arte e delle politiche culturali in Italia.
Ieri, nella sala Auditorium del Museo Nazionale di arte contemporanea Maxxi, è stato presentato il nuovo rapporto annuale di Federculture, la federazione che associa aziende di servizio pubblico, regioni, enti locali, soggetti pubblici e privati che hanno responsabilità di programmazione e gestione nel settore della cultura, del turismo, dello sport e del tempo libero in tutta Italia. In una sala, allestita dagli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, autori di una scenografia speciale con vecchie scatole di cartone sulle quali compaiono grandi scritte in rosso – arte, pittura, teatro, storia, cinema, architettura, tv, design, libri – il Presidente della Fondazione Maxxi, Pio Baldi, dando inizio ai lavori – all’indomani della nomina del nuovo ministro per i Beni e le Attività culturali e del reintegro dei fondi del Fus per l’anno in corso, ad opera del Consiglio dei Ministri – ha invitato tutti a mantenere un atteggiamento vigile e d’interesse sulle future posizioni che il governo intenderà prendere di volta in volta, dal momento che il risultato ottenuto oggi garantisce solo parzialmente la sopravvivenza delle iniziative culturali nel nostro paese, ma non il loro sviluppo. Nonostante la recessione, il settore della cultura sembra non essere in crisi: la domanda è significativamente in crescita, i teatri sono sempre più frequentati e le file fuori dai musei sempre più lunghe. Il problema resta la gestione, l’incapacità a fissare gli investimenti e gli interventi, tanto che oggi – a differenza di paesi come la Cina che investono nella cultura il 7,2 % del prodotto interno lordo – ci muoviamo con difficoltà tra il rischio di una reale recessione culturale e la speranza che la cultura possa tornare ad essere una cosa importante per ognuno e nella vita di tutti i giorni. Alla presenza tra gli altri di Umberto Croppi, da gennaio 2011 ex assessore alle politiche culturali e alla comunicazione del Comune di Roma, Marcello Foti, direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia, Mario De Simoni, direttore generale dell’Azienda Speciale Palaexpo, Giulia Rodano, assessore alla Cultura della Regione Lazio, Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano, la tavola rotonda è cominciata con la lettura del messaggio del Presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che rinnovando il sostegno alle attività della federazione, riflettendo su come la cultura rappresenti un patrimonio prezioso da consegnare alle generazioni successive dopo di noi, ha voluto ricordare – nella sua Prefazione al rapporto annuale – le parole del Presidente Napolitano in riferimento ai tagli operati dal governo: “Dobbiamo discutere seriamente e trovare nuove vie per il nostro sviluppo economico e sociale, ma queste vie non le troveremo attraverso una mortificazione della risorsa di cui l’Italia è più ricca: la risorsa cultura nella sua accezione unitaria”. “Il crollo dell’investimento pubblico sulla cultura, sulla ricerca, sull’istruzione e sull’ambiente, insieme all’assenza di un minimo quadro di riforme sono un vero e proprio attentato alla democrazia, al benessere e allo sviluppo”, scrive Roberto Grossi, Presidente di Federculture, nel suo lungo intervento contenuto nelle prime pagine della pubblicazione. Persuaso che la cultura sia la vita della gente, perché rafforzando l’identità civica, la produttività, alimentando la libera creatività, l’eccellenza, il merito, serve alla legalità, alla democrazia e al buon vivere, Roberto Grossi restituisce con le sue parole un presente culturale italiano in dissolvenza: “Un Paese apprezzato all’estero più per il passato che per le sue potenzialità. Scarsamente proiettato in avanti e quindi sempre meno competitivo nello scenario economico mondiale. Come purtroppo dimostra il 48° posto nella classifica generale 2010 del World Economic Forum sulla competitività globale, e desolatamente ultimo in Europa”. A questo punto l’impegno per il futuro dovrà essere necessariamente quello di cambiare rotta e preparare con cura una reazione, muoversi nella direzione di una rinascita strategica, verso l’elaborazione di un programma che riporti l’uomo al centro del mondo: “Non una visione astratta” – scrive Grossi – “ma nuovi caratteri che rendono l’artista, il notaio, il giurista, l’architetto e l’uomo qualunque artefici delle loro specifiche attività, ma anche protagonisti della vita delle città, dei loro rapporti con gli altri, del raggiungimento del benessere collettivo”, disegnando finalmente un’inedita geografia “chiara e credibile rispetto al tramonto dei valori”.

Ilaria Campodonico

Ads