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Abbazia di S. Nilo (Parte II)

Curiosità e tradizioni dello storico monastero di Grottaferrata.

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I monaci costruirono l’abbazia di San Nilo e, in seguito, eressero pure una chiesa adorna di marmi scolpiti e di colonne utilizzando i materiali di costruzione disponibili sul posto. Nella chiesa portarono anche decorazioni pittoriche e museali e, nel 1230, vi fu trasferita un’antica icona della Vergine che originariamente si trovava in una chiesa del Tuscolo dove dovrebbe essere rimasta fino alla distruzione della cittadina da cui sarebbe scampata miracolosamente nel 1191. Sarebbe poi stata donata all’Abbazia da Papa Gregorio IX, e qui trasportata solennemente nel 1230. Dal 1665 è venerata e sistemata all’interno di una bellissima edicola di marmi policromi, affiancata da due angeli adoranti, il tutto realizzato dallo scultore Antonio Giorgetti, su progetto di G. L. Bernini. Nel 1241 l’imperatore Federico II del Sacro Romano Impero mosse contro Roma e Grottaferrata devastando il territorio e derubandolo di tutti i tesori artistici che si trovavano nelle varie chiese, quando giunse all’abbazia di San Nilo fu colpito dalla bellezza di due statue che si trovavano presso la chiesa e il chiostro. Le due sculture rappresentavano un uomo e una giovenca che, da moltissimo tempo, ornavano la fontana del monastero. Secondo gli esperti la scultura della giovenca potrebbe essere stata una delle famose vacche di Mirone che, qualche secolo prima, i Conti di Tuscolo dovevano avere portato a Grottaferrata. L’imperatore fece trasferire le due opere d’arte a Luceria, sua colonia di Saraceni (nell’attuale provincia di Foggia) da cui però con il tempo sarebbero scomparse. Tuttavia a Grottaferrata è ancora presente il ricordo della scultura di Mirone nel sigillo e nell’antico stemma dell’abbazia che raffigura una vacca, che più tardi divenne simbolo dell’abbondanza e ospitalità del luogo.

Massimiliano Liverotti