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Garbatella, tra passato e presente

La storia di uno dei quartieri più affascinanti di Roma.

La Garbatella, già considerato da tempo uno dei quartieri storici di Roma, sta per essere nominata finalmente Rione: nel febbraio 2010 c’è stato il voto favorevole di tutti i gruppi politici di una Mozione presentata in Consiglio Comunale, anche grazie all’impegno ed alla dedizione dimostrata dall’associazione Itaca che, come consulente del Municipio XI per la salvaguardia e valorizzazione del quartiere storico della Garbatella, da anni si batte per questa causa.
Il quartiere, fondato negli anni ’20 sui colli che dominano la Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, secondo alcuni prenderebbe il nome dall’appellativo dato alla proprietaria di un’osteria situata a ridosso di via delle Sette Chiese, via attraversata spesso dai pellegrinaggi. Tale ostessa – una donna di nome Carlotta (o Maria, secondo altri studi) – sarebbe stata tanto benvoluta dai viaggiatori ospitati presso la sua locanda da meritare il nome di “Garbata Ostella”, successivamente sincopato in “Garbatella”. Le ragioni del favore concessole risalirebbero alla suo animo caritatevole, anche se un’interpretazione più maliziosa riconoscerebbe la sua garbatezza nel concedersi sessualmente ai viaggiatori.
La Garbatella è tradizionalmente suddivisa in lotti, occupati da costruzioni circondate da giardini che erano punti di ritrovo per la popolazione. L’assetto architettonico della zona è un compromesso tra l’estetica e la pratica: le abitazioni sono collocate, almeno nel nucleo storico, in villini di tre piani al massimo, con grande cura per i dettagli. Dopo la Prima Guerra Mondiale Roma visse una fase di grande sviluppo edilizio. Il settore sud della Capitale doveva essere connesso al lido di Ostia tramite un canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato. Tale canale avrebbe dovuto fornire Roma di un porto commerciale molto vicino al centro della città (distante meno di 200 m. dalle Mura Aureliane), nei pressi dell’odierna via del Porto Fluviale. Nella zona a ridosso del canale sarebbero dovuti sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad ospitare i futuri lavoratori portuali. Fu con questa idea che il re Vittorio Emanuele III posò la prima pietra a piazza Benedetto Brin, il 18 febbraio del 1920. La vocazione inizialmente marinara del Rione XXIII può essere desunta anche dalla toponomastica della parte più antica, ispirata essenzialmente a personaggi legati al mondo navale. L’architettura del quartiere fu inizialmente improntata al modello inglese delle città giardino ben collegate e vicine al centro città, abitate da operai e comprendenti significativi spazi verdi coltivabili, tali da fornire ai lavoratori residenti una preziosa e ulteriore fonte di sussistenza: l’orto.
Con l’avvento del Fascismo la sua urbanistica subì un drastico cambiamento: il rapporto verde-edificato calò sensibilmente, l’idea del porto fluviale venne abbandonata e vennero costruite abitazioni più simili ai moderni condomini. Restò comunque ferma l’intenzione di edificare spazi pubblici, come stenditoi o asili nido. Il culmine di questo mutamento si nota nell’impianto progettuale dei tre lotti chiamati Alberghi nei pressi di piazza Eugenio Biffi, strutture nate pochi anni dopo le villette dell’inizio dell’edificazione dell’area (1927), ma significativamente differenti dal punto di vista funzionale ed estetico.
Zona storicamente “rossa” ed operaia. Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale la Resistenza partigiana trovò qui un appoggio incondizionato, al pari dei quartieri Ostiense e Portuense, e del rione Testaccio. Essa inoltre ospita le catacombe di Commodilla, con una piccola basilica ipogea databile alla fine del IV secolo, un cimitero dipinto con scene bibliche (tra cui una curiosa immagine del Cristo orientale) e le effigi dei martiri San Felice e Sant’Adautto. Grandissima anche la sua storia cinematografica, che l’ha vista da sempre set privilegiato per film e fiction.

Emanuela Maisto

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