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I giardini di Villa Medici

Situata sulla collina del Pincio, accanto alla Chiesa di Trinità dei Monti,Villa Medici ospita l’Accademia di Francia da quando ne entrò in possesso Napoleone Bonaparte nel 1803.

Nel 1576 la proprietà fu acquisita dal cardinale Ferdinando dei Medici e divenne uno dei luoghi più eleganti e mondani di Roma, sede degli ambasciatori del Granducato di Toscana alla corte papale, e così per tutto il secolo successivo. Secondo il gusto dell’epoca una parte dei ruderi furono interrati, mentre bassorilievi e statue romane riemerse dalle vigne venivano incastonate in una sorta di grande museo all’aperto. Il giardino, che richiamava quelli creati da suo padre Cosimo a Pisa e a Firenze, è ricco di pini, cipressi e querce ma anche di piante rare che godono di una vista mozzafiato sulla Capitale. All’interno si trovava l’antiquarium, dedicato ai pezzi più pregiati. Molti di questi materiali furono portati poi a Firenze quando il cardinale divenne Granduca di Toscana, nel 1587. Nel 1737 la villa passò ai Lorena, come il Granducato, e fu spogliata di tutte le sue ricchezze per volontà di Pietro Leopoldo di Lorena, desideroso di radunare a Firenze tutte le collezioni medicee. Quando divenne poi Accademia di Francia, questa prestigiosa istituzione culturale ebbe fra i suoi direttori Ingres e Balthus e da allora ospitò i vincitori del famoso Prix de Rome, e vennero risistemati i giardini. La facciata interna dell’edificio principale, quella verso i giardini, è impreziosita da numerosi bassorilievi antichi tra cui una coppia di ghirlande proveniente dall’Ara Pacis. Il giardino di Villa Medici si estende per più di 7 ettari, conservando ancora oggi in gran parte l’aspetto del XVI secolo. Nel 1564 vennero intrapresi grandi lavori di terrazzamento. Fu creato un giardino chiuso da mura, attiguo a nord al vigneto di Santa Maria del Popolo. La pianta del giardino, divisa in 16 quadrati e 6 aiuole, è abbastanza semplice, in accordo con i principi di composizione dell’epoca. Grazie ai lavori di irrigazione di Camillo Agrippa, matematico e ingegnere milanese, il luogo venne ornato da numerosi bacini e fontane. Sembra sia stata in parte sistemata a partire dal 1570 una “silva” (o bosco) a sud del giardino, tra il viale di via Pinciana a ovest, le Mura Aureliane a est e la terrazza che chiude il giardino a nord. Questa zona contiene ancora i resti interrati di un tempio romano probabilmente dedicato alla Fortuna. Quando Ferdinando de’ Medici acquistò il terreno dagli eredi di Ricci nel 1576, si impegnò a portare a termine la campagna di lavori iniziata dal cardinale e non ancora conclusa. Ferdinando creò un nuovo asse nord-sud lungo il viale, che collegava il giardino al Parnaso, ed edificò una piccola collina artificiale interrando le rovine del tempio antico. Sembra che con il Parnaso il nuovo proprietario ponesse questi luoghi sotto la protezione di Apollo. Con questo gesto Ferdinando de’ Medici s’impose come un protetto di Apollo e beneficiario della Fortuna. Alla fine del XVI secolo, durante alcuni scavi archeologici, venne scoperto il gruppo dei Niobidi raffigurante, oltre alla figlia di Tantalo ed i suoi figli, anche un cavallo messaggero di morte. Spogliati della maggior parte delle sculture, i giardini hanno però conservato fino all’inizio del XIX secolo la pianta originaria. In ogni caso sotto la direzione di Ingres venne leggermente modificato il tracciato delle aiuole di fronte alla villa e furono piantati molti dei pini marittimi che costituiscono oggi la particolarità di questo luogo.
Una delle numerose leggende che sono legate a questo luogo risale al XVII secolo e la protagonista è la regina Cristina di Svezia, nota per essersi convertita alla religione cattolica e per il suo carattere eccentrico e capriccioso. Si dice che la regina, un giorno, fece visita a Castel Sant’Angelo e in un momento di follia sparò con uno dei cannoni delle terrazze. L’arma venne puntata su Villa Medici e ancora oggi si può notare il danno provocato: sul portone bronzeo c’è l’impronta della palla di cannone, che oggi ornerebbe la fontana di fronte all’edificio.

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Emanuela Maisto