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Il Casino Ludovisi e gli affreschi alchemici di Caravaggio

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Il Casino dell’Aurora è l’unico monumento rimasto a Villa Ludovisi. Sulla strada della “Dolce vita”, tra gli alberghi e i caffè di via Veneto, sorgeva questo bellissimo edificio, decantato da poeti come Goethe, Elliot, Gogol, Stendhal e D’Annunzio, tutti rimasti affascinati dalla bellezza e dalla vastità dei suoi giardini.

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La Villa occupava un’area di oltre 30 ettari, che si estendeva da Porta Salaria a Porta Pinciana, proseguendo fino ai conventi di Sant’Isidoro e dei Cappuccini. Nel 1621 il cardinale Ludovico Ludovisi acquistò la cosiddetta Vigna Del Nero, comprendente anche il Casino Del Monte, già costruito nel Cinquecento, formando così il primo grande nucleo di opere d’arte. Infatti il Cardinale Francesco Del Monte, che acquistò il Casino intorno al 1595, fece costruire il tutto con un assetto estremamente raffinato. In una saletta sorse persino un gabinetto scientifico completamente affrescato dal Caravaggio. L’opera del celebre artista, ancora visibile, raffigura una scena alchemica con le fasi della trasformazione del piombo in oro. Giove, Nettuno e Plutone sovrastano, nella rappresentazione, gli elementi dell’universo. Nonostante la sua bellezza, quest’opera del Caravaggio è poco conosciuta ed è singolare per il tema trattato, che in effetti non rientrerà mai più nei soggetti dell’artista.
Nel 1622, quando il Cardinale Ludovisi acquistò la proprietà Orsini commissionandone il restauro al Domenichino, il Casino Del Monte venne ristrutturato e abbellito. Tutt’intorno sorsero alcuni edifici oggi scomparsi. In seguito vennero acquisite le Vigne Cavalcanti, Capponi e Altieri. Il Cardinale, che voleva mettere in risalto la propria magnificenza, ornò la Villa con un’eccezionale collezione di dipinti e statue antiche, acquisite da altri collezionisti, arrivando a più di 450 sculture. Tanto era grande la sua fama che attirò visitatori ed artisti come Goethe e Schiller. Il Casino assunse nuove dimensioni, secondo un progetto di Carlo Maderno, che lo trasformò concependo una pianta a croce. Al piano terra, comprendente una sala centrale e quattro stanze sui bracci, parte una scala a chiocciola che conduce al primo piano, identico al pianterreno, fino ad arrivare alla torretta, con una sala quadrata fiancheggiata da due terrazze panoramiche. Tassi, Guercino e Brill furono chiamati a realizzare la decorazione pittorica del nuovo edificio. Una delle pitture più impressionanti è quella del Carro dell’Aurora, raffigurante l’allegoria del Giorno e della Notte. La sua bellezza è tale che, in seguito, diede il nome al Casino. Venne realizzata ad opera del Guercino, con una rifinitura di contorno del Tassi. Aurora è rappresentata al di sopra di un carro intenta a spargere fiori, incoronata con una ghirlanda di rose da un amorino. L’opera venne realizzata su specifica richiesta del Cardinale Ludovisi, estremamente invidioso del Cardinale Pallavicini che già possedeva, nella Villa al Quirinale, il suo Casino dell’Aurora, un’opera architettonica anch’essa di Carlo Maderno arricchita da un affresco di Guido Reni.
La palazzina venne ampliata nel 1858 con la costruzione di avancorpi alle quattro testate dell’edificio, eseguiti dall’architetto Nicola Carnevali. A volerne il restauro fu il principe Antonio Boncompagni-Ludovisi che, come ricorda l’iscrizione latina all’ingresso, fece tutto “per una casa più ampia e più comoda”. All’interno delle sale sono ancora leggibili altre iscrizioni che ricordano le precedenti proprietà.
Nel 1885 gli arredi della Villa vennero rimossi e fu fatto spazio per aprire il tracciato di altre strade. Tutto andò distrutto: statue, alberi, edifici. Si salvò solo il Casino dell’Aurora. Anche l’antico palazzo degli Orsini, Palazzo Grande, venne inglobato nel nuovo edificio che, fra il 1880 ed il 1890, Rodolfo Boncompagni-Ludovisi fece ricostruire e che prese il nome di Palazzo Margherita, quella che oggi è la sede dell’ambasciata degli Stati Uniti.

Emanuela Maisto