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La Basilica di Santa Prassede: un gioiello nascosto

 

È una basilica che va cercata, nascosta dietro Santa Maria Maggiore. Sorge sulla casa di Santa Prassede, sorella di Santa Pudenziana, entrambe figlie del senatore romano Pudente, santo anch’egli, che avrebbe ospitato l’apostolo Pietro.

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La leggenda narra che le due sorelle sarebbero state uccise perché dedite a dare sepoltura ai martiri, durante le persecuzioni di Antonino Pio, nei pozzi siti nel vasto terreno di proprietà del padre. Alla chiesa, infatti, risaliva un pozzo entro il quale la santa vergine romana faceva collocare i cadaveri dei martiri, spargendo poi il loro sangue sul colle Esquilino. Si parla di diverse migliaia di corpi, che oggi sarebbero murati nelle pareti della basilica. Questo è uno dei motivi per cui l’edificio è divenuto luogo di culto e venerazione. Il pozzo era collocato nel luogo oggi indicato da un disco di porfido, al centro della basilica. 

La chiesa fu fondata nel IX secolo per volere di Papa Pasquale I. Subì poi numerosi restauri che ne alterarono il carattere originale. L’esterno appare povero, mentre l’interno è un gioiello di arte bizantina, ricco di mosaici dorati. Quelli situati nell’abside e nel coro raffigurano gli antenati in vesti bianche, gli eletti che guardano giù dall’alto dei cieli, gli agnelli dalle zampe sottili, le palme dal bel ciuffo piumato e vivaci papaveri rossi. Nell’abside si riconoscono le due sorelle, Santa Prassede e Santa Pudenziana, ai lati di Cristo, circondate dall’abbraccio paterno di San Paolo e San Pietro. 

Nella cripta, all’interno di due sarcofagi, sono contenute le reliquie delle due sante. A metà della navata destra si trova la splendida Cappella di San Zenone, uno dei più importanti monumenti bizantini rimasti a Roma, voluto da Pasquale I come mausoleo, in ricordo della madre Teodora, soprannominata anche “giardino del Paradiso” per la bellezza dei suoi mosaici. Uno di essi raffigura la madre del Papa, definita dall’iscrizione “Theodora Episcopa”. Le due colonne di granito nero e la ricca cornice curva sostengono un’urna cineraria con i resti di Zenone, sacerdote e anche lui martire. In un piccolo vano a destra dell’ingresso si trova la “colonna della flagellazione”, portata a Roma da Gerusalemme nel 1223 grazie al Cardinale Giovanni Colonna, delegato del Papa Onorio III e identificata come quella alla quale venne legato Cristo per essere flagellato. Essa è conservata in una teca di bronzo dorato ed è qua e là intagliata, in quanto per secoli questi frammenti venivano usati come reliquie. La colonna ha una forma conica che si restringe a tre quarti per poi riallargarsi sulla sommità. È alta 63 cm, il diametro della base ne misura 40, mentre la sommità ha un diametro di 20 cm. Il punto più stretto è di 13 cm. La lunga tavola di marmo posta a sinistra della navata serviva da letto a Santa Prassede, che vi dormiva per penitenza, mentre l’urna posta sotto l’architrave d’ingresso racchiuderebbe le ossa di San Valentino, il protettore degli innamorati. 

Di grandi importanza anche le sepolture qui conservate, come quella di Monsignor Santoni, il cui busto pare essere la prima opera di Bernini, scolpito quando l’artista aveva solo dieci anni. Le due belle gradinate rosso antico, che portano all’altare maggiore, colpirono il gusto degli emissari di Napoleone, che ordinò di rimuoverle per portarle a Parigi, con lo scopo di usarle per il suo trono imperiale. Il progetto, fortunatamente, andò in fumo. Di rilievo è anche il campanile all’estremità meridionale del braccio sinistro del transetto della chiesa, databile tra la fine dell’XI secolo e i primi decenni del successivo. Rettangolare, la torre campanaria si innalza con un solo piano, scandito da una coppia di bifore poggianti su colonnine marmoree e capitelli a stampella. All’interno funzionano ancora due campane del 1621. 

Emanuela Maisto