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La Basilica di Santa Sabina all’Aventino

Sull’Aventino si trova la Basilica di Santa Sabina, oggi sede della curia generalizia dell’Ordine dei Frati Predicatori, i Domenicani.

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Il colle, intorno all’anno Mille, divenne una roccaforte in funzione delle lotte imperiali cittadine, e fino al XV secolo fu dimora della famiglia Savelli e così la chiesa venne inglobata nei bastioni imperiali.
La costruzione della rocca medievale fu iniziata probabilmente da Cencio Savelli, noto come papa Onorio III. Tramite il ponte Rotto e il vicolo di S. Sabina, oggi chiamato Clivo di Rocca Savella, era possibile collegare il passaggio dalla rocca poiché la strada portava direttamente alla chiesa. Quest’ultima rappresenta un perfetto esempio di basilica paleocristiana, una delle poche che si conserva ancora molto bene, dedicata ad una ricca patrona romana del IV secolo, Sabina, poi divenuta santa. Essa venne costruita in suo ricordo dal prete Pietro dell’Illiria nel 425 sulla casa della donna e, per renderle omaggio, vennero utilizzate 24 colonne di marmo prelevate dal vicino Tempio di Giunone Regina. La dedica è ancora visibile sulla controfacciata del palazzo, dove si trova un mosaico in esametri latini. Le ristrutturazioni operate da Domenico Fontana nel 1587 e da Francesco Borromini nel 1643 ne alterarono gli interni, dando alla chiesa un gusto manieristico-barocco. Con la soppressione dei monasteri, che avvenne dopo il 1870, essa venne ridotta a lazzaretto comunale. Venne poi definitivamente restaurata da Antonio Muñoz tra il 1914 e il 1937, che la riportò alla forma originaria, sotto papa Onorio III. Lo scultore addossò al muro del parco adiacente una fontana ricostruita unendo un’elegante vasca termale romana di granito egizio ed il mascherone barocco realizzato nel 1593 da Bartolomeo Bassi su disegno di Giacomo Della Porta. Il mascherone venne smontato e trasportato nei depositi del comune nel 1987, quando iniziarono i lavori per la costruzione dei muraglioni, e verrà posto definitivamente in una nicchia di laterizio incavata all’interno del muro nel 1936.
Entrando nella basilica si nota il prezioso portale del V secolo scolpito in legno di cipresso e sui 18 pannelli superiori sono raffigurate scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Proprio qui si può notare un errore: il pannello dove è raccontato il passaggio del Mar Rosso degli ebrei guidati da Mosè, il volto del faraone che è in procinto di annegare è stato ritoccato ed è stato raffigurato ricalcando le sembianze di Napoleone. Probabilmente esso venne riportato alla luce dal restauratore nel 1836 che doveva nutrire un odio verso il condottiero francese, morto solo 15 anni prima.
All’interno della basilica è possibile ammirare nell’abside “Il Cristo tra gli apostoli” di Taddeo Zuccari, nella navata destra la Cappella di S. Giacinto con il “Trionfo ed episodi della vita del santo”, sempre di Zuccari, mentre nella navata sinistra si trova la Cappella di S. Caterina con “La Madonna del Rosario” di Sassoferrato.
Ciò che più viene ricordato della basilica è che qui visse e operò S. Domenico di Guzman. All’interno del monastero viene conservata la cella del santo, oggi trasformata in cappella, mentre nel giardino del chiostro cresce ancora un arancio che egli portò dalla Spagna. Questo albero è visibile anche dalla chiesa attraverso una fessura all’interno del muro della navata, oggi protetta da un vetro, di fronte al portale di legno. Si racconta che da questo arancio S. Caterina prese cinque frutti che donò, canditi, a papa Urbano VI. Oggi metà albero è secco, ma ancora dà frutti grazie ad un altro cresciuto su di esso.
La chiesa custodisce anche una pietra nera rotonda, il peso di un’antica bilancia romana, visibile su una colonna tortile a sinistra della porta d’ingresso. Essa sarebbe stata scagliata dal diavolo contro S. Domenico durante la sua preghiera sulla tomba di alcuni martiri, mandandone in frantumi la lapide. La realtà ci dice, però, che essa venne spezzata dall’architetto Domenico Fontana durante dei lavori di restauro nel 1527.
Dell’antico castello oggi è visibile solo la cinta muraria e il giardino. Nel 1932 venne realizzato il Parco Savelli, su disegno di Raffaello De Vico, oggi conosciuto come Giardino degli Aranci, che ha una delle più belle terrazze panoramiche di Roma.

Emanuela Maisto