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La chiesa nazionale degli inglesi: San Silvestro in Capite

chiesa inglesi

È la chiesa nazionale degli inglesi e le sue origini sono antichissime.

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Sorge all’interno del Rione Colonna, dando il nome alla piazza omonima. Venne infatti fondata da Paolo I intorno all’VIII secolo, probabilmente su un precedente oratorio dedicato a San Dionisio. Il pontefice volle dedicarla ai santi Silvestro e Stefano, ma in seguito restò solo il primo con l’aggiunta dell’appellativo “in Capite”, perché all’interno della chiesa veniva conservata la testa di San Giovanni Battista, o quantomeno la reliquia ritenuta tale, custodita in una splendida teca del ‘300 all’interno della Cappella dell’Addolorata.

La denominazione più antica della chiesa, contemporanea alla fondazione, è quella di San Silvestro “in Catapauli”, vocabolo mezzo greco e mezzo latino che sta per “presso (la casa) di Paolo”. Più tardi venne denominata San Silvestri “inter duos hortos”, poiché tutta la contrada, nel Medioevo, era occupata da vigneti. Molti furono gli interventi di restauro ed ampliamento della chiesa nei secoli, fino ad arrivare alla ricostruzione vera e propria che si ebbe nel 1594 con Francesco da Volterra. I lavori, però, vennero completati da Carlo Maderno, mentre la decorazione fu progettata da Carlo Rinaldi e completata da altri per essere ultimata, infine, da Domenico Rossi. L’attico è ornato dalle statue dei santi Silvestro, Stefano, Francesco e Chiara, insieme alla raffigurazione a rilievo della testa di San Giovanni Battista. Il portale d’ingresso del XIII secolo è sormontato da un timpano spezzato sul quale vi è un rilievo che riproduce l’immagine Edessena. Essa è una copia in marmo della raffigurazione di Cristo dipinto su pergamena di proprietà del re di Edessa, Abgar, qui trasportata dai monaci greci ed ora conservata in Vaticano.

L’interno è a navata unica con cappelle laterali e volte a botte, dipinta con una composizione di Giacinto Brandi raffigurante “l’Empireo con Assunta” del 1683. La cupola ovale, invece, venne dipinta dal Pomarancio nel 1690. La chiesa aveva al lato il monastero di proprietà dei monaci greci, poi dei benedettini e, dal 1277, delle suore Clarisse. Ad esso venne affidata la proprietà della colonna di Marco Aurelio e, ancora oggi a testimonianza di ciò, si può leggere sul portico della chiesa una lunghissima epigrafe del 1119. Il convento fu soppresso nel secolo scorso, tranne una piccolissima parte rimasta ai Padri Pallottini, ai quali è affidata anche la chiesa. Il resto del complesso fu adattato prima a Ministero dei Lavori Pubblici, e poi a Palazzo delle Poste, come è attualmente, salutato entusiasticamente come “la più bella Posta d’Italia”.

L’edificio, realizzato nel 1878 dall’architetto Giovanni Malvezzi, con la facciata di Luigi Rosso, è ornato di finestre bifore, sovrastate da sei tondi in marmo con l’effige dei componenti della famiglia reale dell’epoca, i Savoia, evidente allusione all’insediamento a Roma della dinastia sabauda. Vi sono raffigurati Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III, la regina Margherita, Amedeo d’Aosta re di Spagna e Tommaso duca di Genova. Per quanto riguarda la piazza omonima, invece, essa sorge sull’area anticamente occupata dal “Tempio del Sole”, costruito da Aureliano nel 273 d. C. dopo la conquista di Palmira. Era formato da due grandi cortili porticati, collegati tra loro da una sala quadrangolare. Il primo cortile aveva le pareti ornate da due ordini di nicchie inquadrate da semicolonne, mentre il secondo, di 130 x 90 m. aveva al centro un tempio rotondo con un giro di 16 colonne. Nei portici venivano custoditi i “vina fiscalia”, ossia il vino destinato alle distribuzioni gratuite.

Emanuela Maisto