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L’ARCO DI GIANO. CURIOSITA’ E LEGGENDE

L’Arco di Giano si trova in via del Velabro ed è stato eretto al tempo di Costanzo II come luogo di incontro per i numerosi commercianti del Foro Boario ma anche come riparo dall’inclemenza del tempo ai mercanti romani.

Fu conosciuto anche come torre di Boezio perché fu fortificato e trasformato in torre dai Frangipane. Secondo gli studiosi la denominazione farebbe riferimento al filosofo Severino Boezio che pare abbia abitato in una casa nelle vicinanze oppure per un tal Egidio Boezio per il quale furono abbattute case che aveva costruito su ruderi romani e forse anche presso l’arco di Giano.
Sui blocchi di chiave degli archi sono riprodotte le figure, ormai quasi irriconoscibili, di Giunone e della dea Roma (sedute) e di Minerva e di Cerere (in piedi).
Secondo gli archeologi è lo stesso arcus Costantini citato in alcuni antichi documenti e che è così chiamato per essere stato costruito ai tempi di Costanzo II.
I frammenti di una grandiosa iscrizione dedicatoria del IV secolo, ritrovati presso l’arco, sono ora nella vicina chiesa di S. Giorgio al Velabro.
L’avvenimento che sarebbe accaduto il 14 febbraio 1601 presso l’arco è inquietante. Una donna con la figlia stavano camminando nella direzione dell’attuale chiesa di San Giorgio in Velabro quando, improvvisamente, il suolo mancò loro da sotto i piedi e precipitarono in un buco. Nonostante le molte ricerche, non fu trovata alcuna traccia delle due poverette. I Romani dell’epoca collegarono tale funesto avvenimento con la storia di Marco Curzio, il guerriero che si buttò all’interno della voragine apertasi nel Foro Romano da dove non fece più ritorno.
Quella del 1601 non fu l’unica sparizione misteriosa della zona, infatti, solo qualche decennio prima, intorno al 1559, giunse a Roma un Goto con un antichissimo libro che parlava di un tesoro nascosto presso il vicino arco degli Argentari. Secondo la leggenda, l’uomo trovò il punto dove scavare, si calò nella buca e non risalì mai più.

Massimiliano Liverotti
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