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Un capolavoro barocco a Trastevere: la Beata Albertoni del Bernini a San Francesco a Ripa

La tradizione vuole che San Francesco, in occasione della sua visita al Papa per chiedere l’approvazione dell’ordine nel 1219, abbia dimorato presso un monastero benedettino nel rione Trastevere.

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Nello stesso complesso sorgeva la chiesa di S.Biagio. La leggenda narra che lì venne fatta erigere una nuova chiesa dalla famosa seguace di S. Francesco, Jacopa Sette Soli; in realtà la chiesa di S.Biagio passò ai Frati Minori nel 1229 e fu riedificata due anni dopo con le elemosine dei conti di Anguillara, potente famiglia baronale con possedimenti sul lago di Bracciano, a Capranica di Sutri e a Trastevere stesso, dove ancora esiste la torre ed il palazzo della famiglia.

Dopo la riedificazione, la chiesa perse l’antico nome per essere intitolata a S.Francesco, mentre l’appellativo “a Ripa” si spiega con la sua vicinanza al porto trasteverino di Ripa Grande. Padre Ludovico da Modena, in un trattato del XVIII secolo, narrò i lavori che la trasformarono dopo la morte del santo e ci ha lasciato una preziosa descrizione del primitivo edificio. È il Vasari il primo ad attribuire le pitture a fresco della chiesa al pittore romano Pietro Cavallini, che sempre a Trastevere ha decorato quella di S.Cecilia. La chiesa come appare oggi è il risultato delle opere di ampliamento dell’architetto Onorio Longhi nel 1603 e, tra il 1681 e il 1685, di Mattia De Rossi che risistemò anche la facciata, semplice ed armoniosa, così come la vediamo oggi. All’interno, lo scenografico altare maggiore venne a sostituire il precedente solo alla metà del Settecento. Le cappelle che s’innestano alle navate laterali sono avvolte nell’oscura penombra da quadro caravaggesco, ma i marmi di cui sono ricche riescono a far risplendere l’ambiente, creando suggestivi giochi di luce-ombra.
Nel lato sinistro del transetto si trova la cappella dei SS. Pietro d’Alcantara e Pasquale Baylon, la più antica della chiesa, eretta dalla famiglia Della Cetera; rimangono due affreschi ai lati dell’altare del XVI secolo con le figure di Santa Chiara e della Beata Ludovica Albertoni, sepolta nella cappella in quanto sposa di Giacomo Della Cetera. Solo negli anni settanta del Seicento, però, venne commissionata dal cardinale Albertoni la statua della Santa a Gian Lorenzo Bernini, che la immagina in punto di morte, stesa su un giaciglio; predispone una particolare ambientazione scenografica, facendo colpire la figura dalla luce piena di una finestra sulla sinistra, mentre la parte della cappella antistante è immersa nella penombra. Sopra l’immagine della Beata, alcune teste di cherubini accennano al Paradiso che sta per accoglierne l’anima, mentre la “Vergine, il Bambino e S.Anna” del Gaulli ne completa il fondale scenico.
Affascinante creazione dell’ultima attività del Bernini, emblema dell’arte barocca a Roma, l’immagine della Beata lascia senza fiato per la verità dell’istante immortalato dallo scultore: quello del trapasso dalla terra al cielo.

 


Alessia Casciardi

Urloweb.com