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Via di Donna Olimpia

Nel quartiere di Monteverde, accanto a Villa Pamphili, si trova Via di Donna Olimpia, il cui nome è legato ad uno dei protagonisti più accattivanti della Roma del Seicento: Olimpia Maidalchini. Nata a Viterbo nel 1592 da una famiglia di nobili, era destinata come le sue due sorelle alla vita conventuale; riuscì però a sottrarsi al suo destino accusando il suo confessore di tentata seduzione e molestia. Sposato un ricco e facoltoso (nonché vecchio) personaggio locale, cominciò la sua ascesa sociale. Il marito infatti morì dopo soli tre anni. A vent’anni Olimpia è una ricca ereditiera e la famiglia Pamphili, in difficoltà economiche, le offrì l’occasione di trasferirsi a Roma e di entrare nel circuito della nobiltà romana: si risposò con Pamphilio Pamphili, di trent’anni più anziano di lei, il quale pochi anni dopo la lasciò nuovamente vedova. A consolarla è il fratello del defunto marito, il cardinale Giovan Battista Pamphili, papa nel 1644 con il nome di Innocenzo X (sembra che fu lei l’artefice dell’elezione, indirizzando con i suoi intrighi il conclave!). Olimpia entrò nelle grazie del cognato, e presto fu l’unica persona di cui egli si fidasse. A Roma chiunque volesse udienza o favori dal Papa prima doveva passare da Donna Olimpia, che così acquisì un potere illimitato, tanto da essere chiamata “la Papessa”. Persino il Bernini, sostituito dal Borromini e dall’Algardi nelle grazie di papa Pamphili, ottenne la commissione per la fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona per intercessione della nobildonna, alla quale fece omaggio di un modello in argento alto un metro e mezzo del lavoro che voleva eseguire. La Papessa non piaceva al popolo romano per la sua sfrenata ambizione e per l’avidità di denaro e potere che le valse l’ulteriore appellativo di “Pimpaccia di Piazza Navona” (da una pasquinata che recitava «Olim pia, nunc impia», “una volta religiosa, adesso empia”); animò con le sue poco edificanti gesta, le cronache scandalistiche romane del Seicento, e si vociferava persino che fosse l’amante del pontefice. Su di lei spesso apparivano versi satirici sulla statua di Pasquino, situata proprio alle spalle di palazzo Pamphili. Nel 1655 Innocenzo X morì e con lui anche la gloria di Donna Olimpia. La nobildonna asportò dalla stanza del pontefice tutto ciò che trovò (si parlava di due casse piene d’oro) e nulla volle dare per la sepoltura, affermando “Che cosa può fare una povera vedova?”. La Papessa aveva accumulato terre e ricchezze; si ritirò nelle sue tenute a San Martino al Cimino, dove quattro anni dopo la peste la uccise. romani che non l’avevano mai amata la trasposero nella leggenda e si dice che il giorno dell’anniversario della morte di Innocenzo X Donna Olimpia esca da Villa Pamphili con tutto l’oro trafugato su una carrozza trainata da neri destrieri lasciando una scia di fuoco, e dopo aver attraversato Ponte Sisto scompaia nel Tevere dove i diavoli vengono a prenderla per portarla all’inferno; quel tratto di strada, presso Via Aurelia Antica, fu per questo soprannominata fino al 1914 Via Tiradiavoli.

Alessia Casciardi

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