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La nostalgia dello spazio

Dopo aver dichiarato di aver seguito le tracce di Robert Byron e di considerare La via per l’Oxiana un’opera di genio, resta il sospetto che Chatwin “amasse più le imitazioni della Regina Vittoria, di cui aveva sentito meraviglie, che non il libro che lo rese famoso. […] Del resto mai avrebbe accettato per sé l’opaca definizione di ‘scrittore di viaggi’, né si sarebbe confuso con la consorteria dei narratori che volgevano le spalle all’Occidente alla ricerca dell’esotico”.

Chatwin era un uomo al quale il mondo sembrava appartenere, contrariamente agli altri uomini che sembrano limitarsi ad abitarlo. Una vita leggendaria, un personaggio mitico, una letteratura fantastica, dove scrivere e viaggiare sono due modi diversi di descrivere il movimento. Un nomade speciale che stregò il mondo. Perché era bello, perché era un esploratore, un antropologo, un archeologo, uno scrittore – tutte queste cose insieme – un fenomeno di fascinazione internazionale.

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La nostalgia dello spazio è un piccolo libro edito da Bompiani, che custodisce una preziosa conversazione di Antonio Gnoli con Bruce Chatwin. L’idea dell’intervista nasce da un’esperienza personale di Gnoli: “Ho conosciuto Chatwin nel 1982. Lo intervistai contemporaneamente all’uscita del suo libro In Patagonia. Allora non era molto conosciuto qui in Italia e il direttore del giornale presso cui lavoravo mi chiese soltanto trenta righe; preferii non farne nulla e ho conservato l’intervista tra le mie cose”.

Un libro che raccoglie tutti i temi cari alla sua poetica: i confini del mondo segnati dal richiamo orale delle storie, per cui ogni narrazione rappresenta allo stesso tempo un limite e un’apertura di senso; il movimento come atto primario dell’uomo e la figura del nomade, che Chatwin tiene a ricordare non vaga senza meta; il movimento come forma che concilia la dimensione onirica a quella mentale a quella fisica; la superiorità dello sguardo; il viaggio come forma di conoscenza alla quale la letteratura offre la cifra dell’unicità; l’idea di frontiera come confine che il nomade ridisegna ogni volta, una predisposizione al lontano, alla perdita; la nostalgia; il camminare come qualcosa che ha a che fare con l’istinto, un’esperienza che fa nascere puntualmente nella testa immagini sensuali, desideri sofisticati.

Il suo compagno di viaggio in Australia, Rushdie, parla a proposito del suo amico di horreur du domicile, di un’irrequietezza che appartiene soltanto ai bambini e ai viaggiatori e che gli trasmetteva il divieto sentimentale di fermarsi troppo a lungo in un luogo. Chatwin amava viaggiare, scrivere, stupire, meravigliare, percorrendo in lungo e in largo l’universo, che per lui era un mondo di storie da raccontare e spazio da conquistare con lo sguardo e la parola.

Informazioni:
Titolo: La nostalgia dello spazio
Autore: Bruce Chatwin, Antonio Gnoli
Prezzo: € 5,16
Pagine: 94
Editore: Bompiani
Anno: 2000

Ilaria Campodonico