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Le ho mai raccontato del vento del Nord

Il romanzo cortigiano insegnava che l’amore si mischia alla magia: genere letteratura privata e senza tempo. Il romanzo rosa raccontava storie amorose e passionali, venate di romanticismo: genere letteratura di consumo e da classifica.

E mentre Paolo e Francesca si perdevano in un bacio appassionato leggendo di Lancillotto e Ginevra, Orfeo scendeva nell’Ade per portare via la sua Euridice e vederla svanire in un solo momento. Calvino diceva che “Gli amori difficili” «sono, per la più parte, storie di come una coppia non s’incontra». Occasioni mancate, attese, immaginando come potrebbe essere un giorno la presenza. Così il destino di alcuni innamorati è scritto da sempre. La forma questa volta è quella di una lunga lettera al computer. La struttura è semplice, l’intreccio apparentemente essenziale, i caratteri dei personaggi raccontati dalle loro stesse parole. Un esperimento. Due autoritratti. Come andrà a finire? Il lettore non può che andare avanti e divorare tutto il libro. La scrittura diventa il luogo di una segreta vicinanza, di una prossimità da guadagnare fino a travolgere l’altro. Si tratta della possibilità di essere quello che non si è nella vita reale. Di combattere la diffidenza e imparare a essere spontanei, senza sforzi. Del vento del nord, quello che fa rivoltare nel letto quando manca il respiro.

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Ilaria Campodonico