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“Clap your hands and step your feet” per i Giuda

giuda

C’è stato un periodo, qualche mese fa, in cui si parlava solo dei Giuda e mi dicevo “Perché? Ma chi cazzo sono?”

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Sui social network era un continuo postare videoclip dei Giuda; su La Repubblica si parlava dei Giuda, tifosi dell’A.S. Roma e del loro incontro con il presidente James Pallotta; su Youtube diventava virale il video di “Number 10”, brano dedicato indovinate un po’ a chi? Bravi! 

Una sera ero a cena, era inverno, sul piatto una patetica minestra e in TV il TG1: “Adesso cambiamo argomento e parliamo di questa punk band romana che sta avendo un enorme successo… loro sono… i Giuda!”. Sppprrruufff! Minestra ovunque.
Decisi allora che non erano degni di ascolto in quanto popolari e non appartenenti a nessuna scena romana che si rispetti eccetera eccetera.
Adesso però è estate e a cena mangio un’ammiccante insalata di riso. Tutto quel chiacchiericcio si è esaurito e dentro di me ha preso il sopravvento l’altra personalità. Ne ho fin sopra i capelli di “impegno” fine a se stesso. In fondo la musica è solo musica e i Giuda mentre li ascolti fanno quello che forse dovrebbe essere il fine ultimo di qualsiasi tipo d’intrattenimento: renderti spensierato.
Il loro stile si rifà al Glam inglese dei grandi nomi dei primi ‘70 come Slade, T-Rex e The Jooks, ma anche al punk dei primi Cock Sparrer e l’Oi dei Cockney Rejects.
Nati dalle ceneri dei venerati Taxi, gruppo punk romano della scorsa decade, i Giuda hanno esordito nel 2011 con Racey Roller, pubblicato dall’etichetta statunitense Dead Beat (sold out in soli 3 mesi). Tra i loro accanitissimi fans, provenienti da tutta Europa che seguono la band al grido di “I’m A Giuda Fan” c’è addirittura chi gli ha dedicato una canzone dall’esauriente titolo “Giuda We Love You”. Così come 30 anni fa era stato fatto con I Bay City Rollers. Perché I Giuda sono capaci di generare un entusiasmo e un’energia che non si sentiva da decenni. Se non ci credete ascoltatevi brani come “Wild Tiger Woman”, “Yellow Dash”, la già citata “Number 10” o “Get The Goal”. Il calcio, la boxe, i jeans, il subbuteo, le basette, gli scarpini adidas, le maglie vintage: tutti elementi che fanno parte del gioco ovvero una spensierata voglia di esaltare lo stile degli anni ‘70, uno stile più inglese che italiano a volte. Il loro ultimo album è “Let’s Do It Again” e probabilmente sarà uno dei miei prossimi acquisti, perché anche se ascolto i Negazione, i Klasse Kriminale, i Kina, che trasudano rabbia e veleno per la società e sono pura poesia, a volte ho bisogno semplicemente di non pensare e canticchiare le giuste canzoni.

Marco Casciani