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I Mombu e la metafora della giungla

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Nel precedente numero di Urlo avevamo parlato degli Zu, trio ostiense che ha ormai contaminato diversi angoli d’Europa e d’America con il suo jazz-math-core folle e primordiale.

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Questo mese parleremo dei Mombu, un duo stavolta, formato da Luca T. Mai (il sax degli Zu) e Antonio Zitarelli (la batteria dei Neo). Dopo averli visti dal vivo tre volte, posso tranquillamente affermare che i Mombu sono uno dei migliori progetti attualmente in circolazione in Italia. Uniscono l’ipnotismo della musica africana con la violenza che caratterizza sia gli Zu che i Neo. Ritmi tribali e un sax che dalla nota musicale sembra sfumare sempre in qualcos’altro: un verso di animale o un grido disperato forse. A maggio scorso si esibirono prima dei Melt Banana al Volturno Occupato, un gran bel posto che questa estate è stato sgomberato e distrutto all’interno. Ricordo che quella sera, al momento della loro esibizione, la sala era completamente piena di gente: un labirinto semi-illuminato nel quale era difficile orientarsi. Da un lato il palco, piccolo, senza rialzo, ovvero i musicisti suonano ad altezza pubblico. Dall’altro il mixer come punto di riferimento. E poi la batteria incalzante e ripetitiva, il sax selvaggio: non era un concerto, era la giungla! E quella che avevo in mano non era una birra, era un machete! I Mombu esprimono con la musica un’idea che più o meno consciamente abbiamo tutti dentro: viviamo nella giungla, siamo dei selvaggi, la civilizzazione non esiste perché una metropoli è tale e quale all’Amazzonia, facciamo rituali voodoo tutti i giorni, per esempio prima che giocano Roma e Lazio. E siamo tutti attirati dai ritmi tribali, che siano la techno o jazz noise sperimentale.

All’attivo hanno tre dischi: il primo, omonimo, uscito nel 2011, a mio parere il migliore tra tutti i loro lavori: 8 brani di follia totale. Il secondo, “Zombie”, è la versione in vinile di “Mombu” remixata e rimasterizzata con l’aggiunta di nuove collaborazioni (tra cui Mike Watt dei Minutemen e degli Stooges). Poi c’è l’ultimo, “Niger”, del 2013: altro delirio musicale che non abbassa assolutamente la media dei voti della loro discografia. Tutti e tre gli album sono usciti per la Subsound record.
Attualmente i Mombu si sono presi una pausa per quel che riguarda i concerti dal vivo, e soprattutto perché nel frattempo gli Zu sono ritornati sulle scene. Ma sono sicuro che ben presto avremo il piacere di rivederli su un palco. In quel caso, se avrete il coraggio di assistere all’evento, ricordatevi un machete!

Marco Casciani