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Il ritorno dei Dirtyfake

Il ritorno dei Dirtyfake con “Tumorrow”, ovvero: come sarà il nostro domani.

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Un anno fa usciva l’EP “Dreams” che riscuoteva consensi e critiche positive un po’ ovunque. EP che conteneva “My Indiecation”, brano di punta della band romana attiva dalla fine degli anni ’90. Byron, Andy, Valentina, Simone e Kris hanno messo in piedi, a Roma, un progetto ben ragionato che unisce tanti elementi interessanti. Contaminati dalle intuizioni situazioniste di Debord, portano avanti un’idea di rock indipendente molto vicina a quella americana, in cui tutto continua a muoversi sottoterra mentre si prosegue con le attività quotidiane. Lo stesso Byron, frontman del gruppo, ci spiega questa filosofia: “Noi siamo ‘una band minore’. Ci piacerebbe diventare un riferimento per quelli che ascoltano i Pavement! Il nostro modo di fare musica è molto indie-americano. Si continua con la vita di sempre, invece di andare solo al pub, si va in sala e si produce qualcosa”. Anche i riferimenti che possiamo trovare nella loro musica dimostrano questo ragionamento: pensate ai primi Pixies, Radiohead, o Nirvana. Ma anche ai Pavement o gli Slint.
Il ritorno con questo secondo full-lenght, dal titolo che gioca volutamente con le parole “domani” e “tumore a schiera”, vuole denunciare ma non con gli slogan. Sono sempre loro stessi a spiegarci che l’album è come una sorta di viaggio tra gli stati d’animo. C’è il disincanto, l’amore, la droga, l’oggi e naturalmente il domani: “La scelta di giocare con le parole è una decisione presa per raccontare la confusione e l’odio che proviamo, in maniera ludica. Come dei menestrelli folli, che non vogliono dimenticare il potere evocativo del linguaggio, in un momento dove le lingue sono minacciate dai nuovi media e dalla pericolosa aridità culturale delle nuove generazioni”.
Presentato lo scorso 27 novembre al Brancaleone, il disco ha avuto molte collaborazioni come quella di Raffaella Daino dei Pivirama, dei Madame Lingerie, di Serena Pedullà dei Madkin, di Luca Cartolano degli Aphorisma e di Fabio Recchia. E proprio dopo aver citato band come i Madame Lingerie o gli Aphorisma, viene da pensare al solito – trito e ritrito – discorso sulla scelta della lingua inglese per i testi. I Dirtyfake non ne fanno una questione fondamentale ammettendo gli ottimi risultati raggiunti con la lingua nazionale dalle band citate e spiegando che la scelta riguarda principalmente la composizione dei testi. Quindi, per chi ama il post rock, il post grunge. Per chi preferisce scoprire quello che viene prodotto a livello underground senza imposizioni o problemi di scelte stilistiche. Per chi crede in tutte quelle espressioni artistiche che vogliono andare oltre il semplice intrattenimento fine a se stesso, come la videoarte o la poesia. Se siete incuriositi da una visione del futuro come quella descritta in “Tumorrow”, allora senza dubbio questo è il gruppo che fa per voi. Per tutti gli altri ci sono dei tombini aperti, se girate l’angolo. Info: www.myspace.com/dirtyclub

Marco Casciani