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Maximo Park – The National Health

Nei primi anni duemila ci fu l’esplosione dell’Indie Rock e questa è cosa nota a tutti ormai. Ne paghiamo ancora oggi le conseguenze con milioni di hipster che popolano le nostre città portando all’estremo e all’esasperazione modaiola una cultura che al contrario è partita semplicemente dalla voglia di suonare e di esprimersi in musica.

Specialmente il movimento inglese, che viveva il disagio dell’inizio del nuovo millennio. Squatter come potevano essere i Libertines ripercorsero le strade che erano state dei Clash e uscirono con un disco tanto ‘sporco’ quanto geniale. Dalla Scozia arrivavano le note dei Franz Ferdinand e da oltre oceano quelle dei ‘figli di papà’ Strokes. Nel riepilogo delle maggiori band di questo periodo spesso si dimenticano i Maximo Park malgrado A Certain Trigger, loro album di debutto del 2005, fosse un capolavoro di suoni e melodie. Più curato e pulito a livello di suoni, manteneva l’aggressività e l’impatto acustico che distingueva quella musica e la stava facendo esplodere.
Con il secondo disco la band ha retto dimostrando di non essere solo una meteora in quel cielo dove per 4/5 anni si sono accese e spente stelle nel giro di tre accordi di chitarra. La band di Newcastle aveva soprattutto l’asso nella manica dei live. Raramente vi capiterà di vedere un live di livello ed allo stesso tempo divertente ed energico come quello di Smith e soci. Questa lunga introduzione e questi elogi per dire che, come il terzo album della band, pubblicato nel 2009, anche questo The National Health è assolutamente inutile. Nulla di nuovo nella musica, sempre le solite cose che, com’è presumibile, non possono funzionare all’infinito. Forse anche i Maximo Park avrebbero fatto bene a fermarsi, vedi i Fratellis, a quei due capolavori che sono i loro primi due album senza infangare il loro nome con queste minestre riscaldate.

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Simone Brengola