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Noise Of Trouble: combattere, veramente, il sistema

Mi sono sempre chiesto come si possa mantenere una certa autenticità artistica oggi. Mi spiego meglio: un uomo un giorno si accorge di essere artisticamente dotato e di poter rendere felice qualcuno.

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Forma una band. Data l’estrema importanza di quello che fa e del bene che fa alle persone, vorrebbe che la musica fosse la sua vita. Per questo dovrebbe guadagnare soldi suonando, ovvero dovrebbe, come un imprenditore di se stesso, rendere “vendibile” il suo “prodotto”. Se arriva a farsi produrre da un’etichetta può già ritenersi fortunato. Ma quello che suona o fa a quel punto non ha più molta importanza: ci sono tanti modi per rendere figo un gruppo, un musicista… Si può assumere un atteggiamento cupo e decadente girovagando ubriaco con un bicchiere di vino e parlare di Celine, Bukowski, Baudelaire… Poi arrivano i compromessi: “cerca di essere più orecchiabile, dobbiamo conquistare un target di pubblico più ampio”, oppure “ora sei sulla bocca di tutti, il caso dell’anno, aumentiamo i prezzi dei biglietti, è il momento giusto”.
È il sistema capitalistico che funziona così, che elimina qualsiasi forma di sincera comunicazione tra gli uomini tanto da riuscire a trovarla in un artista di strada su via dei Fori Imperiali piuttosto che in un qualsiasi club. E spesso le reazioni al sistema sono così sbagliate che lo accrescono invece di combatterlo.
I Noise Of Trouble (l’omaggio è al disco dei Last Exit), progetto sperimentale di musicisti pronti a combattere e con le idee chiare, hanno avuto un’idea interessante nella quale sono incappato. Sul loro sito ufficiale www.noiseoftrouble.joomlafree.it c’è il loro manifesto preceduto dalla seguente frase di Pier Paolo Pasolini: “Basta ai giovani contestatori staccarsi dalla cultura, ed eccoli optare per l’azione e l’utilitarismo, rassegnarsi alla situazione in cui il sistema si ingegna ad integrarli. Questa è la radice del problema: usano contro il neocapitalismo armi che in realtà portano il suo marchio di fabbrica, e sono quindi destinate soltanto a rafforzare il suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio, e invece non fanno altro che rinsaldarlo”.
“The Bloody Route – From the country where women older than God”: questo è il titolo del loro album scaricabile gratuitamente dal sito (fa parte del progetto) in diversi formati per garantire sia la bassa che l’alta qualità. 12 brani di 90 minuti in cui generi come il free-jazz, l’hardcore, il noise si scontrano magnificamente e in cui si va da Peter Brotzman a John Zorn passando per gli Zu. Il tutto con un approccio totalmente lo-fi.
Una band che ha preso una posizione politica. Ha deciso di combattere questa forma di trappola autoproducendosi in una maniera che è alla portata di tutti (non ci vuole molto a creare un sito, registrare un disco e renderlo scaricabile). Il tutto è curato nei dettagli con chiarezza e semplicità: una bella copertina, un manifesto ad indicare la loro posizione “combat” e uno spazio per le donazioni se si vuole sostenere il progetto. Ricordatevi di loro e svegliatevi!

 

Marco Casciani