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Rem, Collapse into now

I REM festeggiano i 31 anni di carriera con il quindicesimo album, che la distribuzione forse ha penalizzato

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Da dicembre ad oggi ad intervalli regolari sono iniziate ad uscire, una alla volta, alcune canzoni del disco. Queste anteprime non hanno fatto altro che stuzzicare la fantasia dei fan nel paragonare gli inediti a pezzi storici della band, perdendo di vista tutto il resto. Il disco è vero che ripercorre vie già calcate dal gruppo ma non per questo dev’essere recensito solo come paragone tra il vecchio e il nuovo. Ascoltando questo disco è vero che sembra di viaggiare su strade già attraversate ma, se la strada è la stessa, in 20 anni tutto il contorno è cambiato.
Le canzoni mantengono quell’immediatezza che ha sempre contraddistinto i REM. Già al primo ascolto si viene rapiti da una melodia alla quale è impossibile restare indifferenti. Tutto questo è frutto dell’esperienza maturata dalla band e non da una composizione musicale semplice come avviene in tanti altri dischi ‘d’impatto’. Le canzoni dei REM hanno varie chiavi di lettura, come sempre, sono canzoni da canticchiare in auto ma anche da ascoltare in cuffia per godere al meglio dei suoni e della produzione affidata a Jacknife Lee, guru del suono americano e già produttore di importanti band del panorama internazionale come gli U2. Un forte cambiamento quindi rispetto al precedente Accelerate che sfociava in un Rock forte e, a volte, un po’ pesante. Qui i REM riscoprono la melodia in un sali/scendi di ritmi e generi musicali, tra ballate e rock ruvido, che non dà punti di riferimento se non nei precedenti lavori della band. Il tutto senza rischiare di cadere in esercizi di stile o canzoni pretenziose com’era successo recentemente ai Muse. Discoverer e All the best  sono classici rock da stadio, Mine smell like Honey è forse la canzone più simile al passato anni ’80, Oh my Heart è una ballata che strizza l’occhio al folk tra mandolini e armoniche, Alligator aviator autopilot Antimatter è la canzone più movimentata del disco e butta verso l’indie, l’album si chiude con Blue, pezzo  sperimentale in cui mette i brividi la voce di Patti Smith.
Ben tornati REM, mai così simili e allo stesso tempo così diversi da voi stessi.

Simone Brengola