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skip james

SKIP JAMES

?Hard Time Killing Floor Blues?

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(Shout Factory, 1964)

Altra carta, altra storia. A Bentonia, Mississippi. Gli anni, più o meno quelli. Lui fa il contrabbandiere. Lo chiamano Skip, perchè non sta mai troppo da nessuna parte. Gli basta un?audizione, alla Paramount, un viaggio a Grafton, Wisconsin. Due giorni e una ventina di registrazioni. Alla chitarra, al piano, è un talento senza eguali. Ma nessun contratto. E Skip scompare. Diventa predicatore, come il padre, un predicatore battista. Trent?anni dopo, lo scovano in un ospedale. Gli staccano le flebo e gli rimettono una chitarra in mano. Di nuovo su un palco, a Newport. E? il ?64. Poi, solo altri tre anni. Prima di morire, Skip re-incide i vecchi pezzi, quanto vanno ancora veloci quelle dita, la spontaneità, magia, così complessa, quel timbro alto, il falsetto dietro l?angolo. Hard Time Killing Floor Blues, Devil Got My Woman, Illinois Blues, come se Nick Drake avesse annusato quella stessa terra. Poi in un giornale da niente, un trafiletto dice – è uscito il primo album di Marco Carta, quello di Amici- . Di nuovo Alan Lomax, di nuovo quelle parole. Il cielo non promette nulla di buono.

Marco di bella