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Smashing Pumpkins, tra presente e passato

billycorgan

Ieri sera il grande ritorno di Billy Corgan e della sua band nell’arena di Rock in Roma. Tanta emozione, pezzi nostalgici di repertorio e le nuove sonorità dell’ultima fatica dei quattro: Oceania

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Era uno dei live più attesi nella Capitale ma anche un concerto passato in “sordina” tra i grandi nomi ospitati dal festival rock romano, Rock in Roma, che si sta svolgendo in questi giorni all’Ippodromo di Capannelle.

Il ritorno degli Smashing Pumpkins (ovvero di Billy Corgan, indiscusso frontman e unico membro originale, e della sua band nuova di zecca) è stato salutato da moltissimi fan nostalgici dei vecchi sound anni ’90, e dai numerosi nuovi avventori in cerca delle sonorità più moderne degli ultimi tempi.

Gli Smashing Pumpkins sono stati una delle band più influenti degli anni ’90 nella scena del rock alternativo targato Usa. La loro particolarità era quella di mescolare più generi, spaziando da pezzi hard rock al goth metal, passando per il rock più classico fino a sonorità monumentali corredate di archi e ariosità.

La famosa formazione originale, costituita da James Iha, D’arcy Wretzky e Jimmy Chamberlin, che ha portato la band al successo mondiale, si smembrò pian piano per varie problematiche.

Oggi la formazione è composta, oltre che da Corgan, da Nicole Fiorentino al basso, Mike Byrne alla batteria e Jeff Schroeder alla chitarra.

Il live offerto ieri sera nell’arena dell’Ippodromo di Capannelle è stato un lungo percorso tra vecchi pezzi storici e nuovi brani. Dopo l’apertura dello statunitense Mark Lanegan (già Screaming Trees e Queens of the Stone Age), gli Smashing Pumpkins salgono sul palco nel delirio dei fan in trepidante attesa.

Si parte con Quasar e Panopticon dell’ultimo lavoro Oceania, per proseguire con Starz dell’album Zeitgeist. Poi si passa ad un pezzo di repertorio, preso da Siamese Dream del 1993, Rocket, e poi ad una cover di David Bowie, Space Oddity. Da qui è un’escalation di emozione e fomento. Billy Corgan è un frontman perfetto e la band, nonostante la giovane età, è forte al punto di far dimenticare il fatto che degli Smashing Pumpkins ci sia solo un membro originale. Si continua il lungo show con X.Y.U del celebre doppio Mellon Collie and the infinite sadness del 1995, considerato forse l’album più famoso della band oltre che accreditata opera della storia del rock dalla critica musicale. Arriva probabilmente il momento clou del concerto, con un trittico d’onore: Disarm, splendida e nostalgica, e Tonite Reprise che conduce immediatamente a Tonight Tonight, forse la canzone più famosa della band, indimenticabile per le sue sonorità morriconiane e per il celebre video che riprende il film muto di Georges Méliès, Viaggio nella Luna. Corgan prosegue mischiando canzoni nuove e vecchie, selvaggiamente scalmanate a ballate più soft: Pinwheels, Oceania, Thirty-Three aprono la strada alla strafamosa Ava Adore e alle sue sonorità dark, proseguendo con la scatenatissima Bullet with Butterfly Wings dove i più coraggiosi si catapultano con foga sottopalco, cercando di arraffare quanti più plettri possibili, che Billy Corgan ha dispensato generosamente per tutta la sera. Il concerto volge verso la fine con One Diamond, One Heart, Pale Horse e poi la bellissima Today e la travolgente e dura Zero, fino a concludersi con Stand Inside Your Love e United States.

La band esce dal palco, ma per poco. Le urla del pubblico li rinvitano ad entrare e a proseguire, almeno per una “one more song”. E così sia, con I Am One, Siva e Rhinoceros. La band riesce dopo il primo bis, ma ne aggiunge rapidamente un secondo – e ultimo – chiudendo lo splendido spettacolo offerto con una cover dei Led Zeppelin, Immigrant Song, e con Cherub Rock, pezzo forte di Siamese Dream.

Ringraziamenti, qualche altro plettro elargito senza riserve e un caloroso sorriso stampato sui volti della band, che esce dalla scena dopo un lungo live che ne ha consacrato, a distanza di anni, la rinnovata energia e la predisposizione a reinventarsi. Uno show memorabile, a cui forse molti non sono intervenuti proprio per la perdita di quella “originalità” subita dopo lo scioglimento della formazione iniziale. I tanti che hanno riempito l’arena di Rock in Roma, perlopiù trentenni che ricordavano la loro adolescenza scandita da musica rock e underground, oggi possono ritenersi più che soddisfatti. Un tuffo nel passato, una scoperta di un diverso presente musicale che, in questo caso, voler evitare sarebbe stato davvero un’eresia.

Serena Savelli