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Steven Wilson – Hand. Cannot. Erase

Steven Wilson, un genio capace di produrre capolavori senza tempo, oppure “solo” un talento dotato di tecnica ed immensa intuizione emotiva, di quella che sublima una bella canzone in un racconto di vita, trasformando le note in sensazioni tangibili?

Non so davvero rispondere a un quesito così complesso. Però ricordo l’emozione che ho provato quella notte, alla guida, confuso ed esausto dalle situazioni della vita di tutti i giorni. Ascoltai dalle frequenze di una radio locale “Perfect Life” e rimasi rapito dalla perfezione dei suoni, legati tra loro in un’armonia delicata in grado di annegare ogni mia preoccupazione.

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Dopo qualche secondo di brano accostai la mia macchina per immergermi completamente nell’ascolto. Fu amore vero. Decisi allora di acquistare “Hand. Cannot. Erase.”, concept album e quarto disco del musicista inglese.

La grandezza di questo lavoro sta nel raccontare la terribile e inumana vicenda di Joyce Carol Vincent, sfortunata ragazza inglese morta a soli 38 anni nel suo monolocale e ritrovata quasi tre anni dopo il decesso, nonostante avesse una famiglia, degli amici e dei colleghi. La storia viene affrontata secondo il punto di vista di una donna e della sua alienazione indotta da una città che invita alla connessione e ai contatti umani ma vuoti, privi di presenza. Tuttavia non è un grigio racconto dei terribili elementi di cronaca ma è un disco di splendida e luminosa creatività artistica capace di lasciare a ognuno l’interpretazione sul senso delle cose a modellare, secondo i propri occhi, la speranza e i colori della vita.

David Gallì