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“Il cubo nero della colpa”, in un frammento la storia dei diritti negati e il conflitto tra la colpa e l’oblio

Lo spettacolo, in scena il 17 e 18 dicembre al Teatro dei Documenti, partendo dalla dittatura militare argentina raccoglie in sé una riflessione su tutte le colpe che il presente non ricorda

Era il 1976, con un colpo di stato si sarebbe concretizzato un incubo durato sette anni. Gli anni della Dittatura della Giunta Militare, gli anni delle presidenze sanguinose di Videla e Viola, gli anni più tetri della storia argentina e uno dei periodi più sanguinosi per tutto il mondo. In quei sette anni ogni forma di sopruso e soppressione delle libertà personali fu realizzata. Al solo sospetto di dissidenza rispetto ai dettami imposti dal regime uomini e donne si ritrovavano imprigionati, torturati e, nei casi estremi e più noti, fatti scomparire, gettati da un aereo in volo sull’Oceano. Furono anche gli anni dei desaparecidos, 30.000 stando alle stime fatte successivamente, 30.000 esseri umani torturati e abbandonati come merce avariata, 30.000 storie di vite violate e condannate, 30.000 tracce segrete della brutalità umana. Da questo contesto storico muove lo spettacolo “Il cubo nero della colpa”, scritto dal drammaturgo italo-argentino Daniel Fermani e messo in scena da Laura Sales con la compagnia Los Toritos.

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Quel cubo, quella forma geometrica a 6 facce altro non è che una prigione. La prigione edificata dalle colpe di chi si è macchiato di quei crimini, come i militari che diedero vita a forme di tortura estreme e che partorino un’idea malvagia come  quella dei voli della morte. Un cubo in cui è intrappolato un uomo, sintesi di tutti gli uomini al potere in quegli anni, e attorno al quale si muovono sei figure femminili. Sono le donne, madri, figlie, spose, sorelle, che hanno subito la crudeltà del regime, passando per gli stupri a opera dei militari e le altre torture fisiche, i sequestri e le sottrazioni di figli, mariti e fratelli, in un solo attimo scomparsi e mai più tornati. Madres, abuelas, così venivano identificate, e sono loro a interrogare quell’uomo che ora deve rispondere alle domande legittime poste dal presente, che deve offrire una ragione a tutta la violenza.

Quelle donne, come tutte le donne destinatarie ultime di ogni abuso e panacea di ogni male, offrono al simbolo di quelle violenze l’occasione per emendarsi, per invocare il perdono, ma il male resta radicato e non conosce ravvedimento, non si lascia scalfire dalla sofferenza che ha provocato e continua a provocare, vive nella prigione che si è costruito da sé e che lo separa dalla realtà delle bassezze umane che genera. E allora solo il Tempo, l’altra presenza maschile sul palco, può intervenire a scontrarsi con esso, solo il tempo può affrontare il male, amplificandolo, sottraendolo all’oblio e restituendolo nella sua interezza. Solo così ogni colpa può essere espiata,  solo così gli uomini possono ricordare e liberarsi. Il tempo è custode e mai censore, non la cura ma lo strumento per superare la negazione della felicità umana, che passa prima di tutto attraverso la coscienza e il ricordo. I giovani attori, Martina Ubaldi, Giulia Felli, Chiara Bruni, Aurora Salvucci, Federica Massara, Lidia Angelini, Andrea Luceri e Francesco Bolla, sul palco raccolgono i frammenti della storia argentina e con i loro corpi parlano di tutti i diritti umani che ancora oggi continuano ad essere negati.

Questo il valore più importante de “Il cubo nero della colpa”, uno spettacolo tanto spietato quanto delicato, capace di evocare orrori della storia con sensibilità e cura, un lavoro esegutio con estrema perizia e che inluce, nel suo svolgersi, il pubblico. Chi guarda infatti si divide tra l’empatia e la riflessione, uscendo arricchito e purificato da un’esperienza teatrale e umana profonda, unica.


Stefano Cangiano


Il cubo nero della colpa
17 e 18 dicembre
Teatro dei Documenti
Via Nicola Zabaglia 42 (Testaccio)
http://www.teatrodidocumenti.it/
06/ 5741622