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Torri Tim, è (quasi) ufficiale: non si faranno

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L’azienda ancora non ha ufficializzato il dietrofront, ma l’addio sembra imminente

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Tratto da Urlo n.139 ottobre 2016

EUR – A pochi giorni dalle preventivate inaugurazioni del Luneur (27 ottobre) e della Nuvola di Fuksas (29 ottobre), il cielo sopra le Torri dell’Eur, che un tempo ospitavano il Ministero delle Finanze e che dovevano diventare il prestigioso e moderno headquarter di Tim, è grigio e impenetrabile. Questo perché, come già vi avevamo raccontato, il Comune di Roma ha revocato il permesso a costruire e la causa sarebbero gli oneri concessori dovuti dall’azienda di telecomunicazioni, troppo bassi per un’opera di quelle proporzioni. Inizialmente, infatti, la stima degli stessi era di 24 milioni che, successivamente, si sono trasformati poi in un solo milione. Operazione “giustificata” dall’ex Assessore all’Urbanistica, Giovanni Caudo, con queste parole: “I 24 milioni di euro, come scrivono gli stessi dirigenti del Comune nella determina di annullamento, erano un contributo straordinario connesso al progetto di valorizzazione delle Torri, quello approvato nel 2009 durante l’amministrazione di Alemanno, che prevedeva la demolizione delle Torri e la costruzione di residenze di lusso”. Ovvero gli appartamenti progettati da Renzo Piano e mai realizzati. Il progetto di Tim, che venne autorizzato alla fine del 2015 “dopo sei mesi tra preistruttoria e istruttoria degli stessi uffici – continua Caudo – è di restauro e risanamento conservativo, che restituisce le Torri da un punto di vista formale e funzionale alla loro destinazione originale”. E ancora: “Non c’è incremento di cubatura, si restaura quello che c’era”. Ricapitolando, quindi, i 24 milioni erano previsti per l’opera di Renzo Piano che prevedeva demolizione e ricostruzione, ma sarebbe giustificato non richiederli per il nuovo progetto Tim dal momento che c’è un restauro dell’esistente. Se non si abbatte nulla e si ritorna all’uso originario delle Torri, ovvero uffici, allora gli oneri non sono più dovuti, ad eccezione del “simbolico” milione di euro. Il problema è che di tempo, da quando gli edifici ospitavano il Ministero delle Finanze, ne è passato parecchio. Il parcheggio, che un tempo era usato dai dipendenti, non esiste più, sopra di esso sorge la Nuvola. E veicoli ed esigenze, nel tempo, sono aumentati esponenzialmente. Come si può pensare che interventi sulla viabilità e sul quartiere non siano indispensabili a questo punto? Perché con un milione di euro, purtroppo, ciò che si può fare è davvero poco. Secondo indiscrezioni, perché da Tim nulla è stato dichiarato ufficialmente sulla questione, pare che l’azienda abbia intenzione di uscire dal progetto. E lo farebbe senza alcun costo, dunque l’occasione è davvero ghiotta per togliersi da una situazione divenuta parecchio scomoda.

Il Messaggero, qualche giorno fa, ha ufficializzato la notizia dell’addio di Tim alle Torri, esplicitando la volontà dell’azienda di trasferire il suo headquarter altrove. Secondo la testata, infatti, il recente Cda aziendale, “ha ratificato la proposta dell’Ad Flavio Cattaneo di esercitare il diritto di vendere il 50% di Alfiere, la società proprietaria delle Torri, a Cdp Immobiliare, che ha il restante 50%, o a un soggetto terzo da esso indicato”. Sempre secondo il Messaggero “sarà un advisor indipendente a periziarne il valore, atteso che la partecipazione è in carico per 15 milioni. Il gruppo di tlc ha così dato attuazione al diritto, previsto nei patti parasociali, di vendere la propria quota al partner a causa dell’assenza di un valido permesso a costruire rilasciato entro il 30 settembre 2016”. Tale scadenza, da ciò che si apprende, era per Tim imprescindibile per organizzare la sua presenza su Roma, con il trasferimento dei suoi 5mila dipendenti entro il 2017, una volta completata la nuova sede.

Direttamente da Tim ancora non c’è stata alcuna comunicazione ufficiale. E se il privato, probabilmente, sta facendo del silenzio la sua strategia, dal Comune si parla parecchio. E le recenti dichiarazioni sul tema dell’Assessore all’Urbanistica Paolo Berdini sono state la prova della confusione che c’è sulla vicenda. Prima accettava che gli oneri concessori non fossero più dovuti pur di sbloccare il progetto e non avere più “Beirut” nel quartiere. Poi tornava a ripretendere i 25 milioni di oneri da parte della proprietà (24 più il milione che era stato preventivato per l’operazione) come si legge in una nota: “La Giunta capitolina ha ribadito l’interesse al recupero delle Torri dell’Eur; l’amministrazione ha inteso incardinare il procedimento attraverso il quale Giunta e Consiglio comunale daranno il via definitivo al restauro conservativo degli immobili”, tuttavia, “a prescindere dalla mancanza del cambio di destinazione d’uso, cioè dal fatto – spiega Berdini – che prima le Torri passavano da uffici ad abitazioni e dunque c’era una plusvalenza in capo al proprietario dell’immobile, e conseguente mancata valorizzazione, che è tutta di origine della proprietà e quindi non imposta dal Comune di Roma, il proprietario deve al Campidoglio i 25 milioni di euro. Su questo siamo assolutamente convinti della giustezza della nostra analisi. E quindi, nell’auspicare che questo progetto della creazione della sede della Telecom nelle Torri dell’Eur vada in porto nel più breve tempo possibile, abbiamo ribadito che i 25 milioni di euro sono una cifra dovuta all’Amministrazione comunale”.

L’analisi della situazione potrebbe partire proprio da queste ultime parole e probabilmente bisogna cambiare la prospettiva in cui si guarda la vicenda. L’abbiamo detto più volte: benché il progetto di Tim avrebbe riqualificato degli immobili da tempo abbandonati, creare un progetto di tali proporzioni senza alcun tipo di piano infrastrutturale e sulla viabilità avrebbe arrecato solamente disagi. Siamo disposti, pur di non vedere più le Torri vuote e fatiscenti, ad accettare che il quartiere Eur subisca un’opera così invasiva senza avere nulla in cambio? L’unica possibilità, portata avanti dalla nuova Giunta comunale, era quella di bloccare un progetto nato male fin dall’inizio. Con i presupposti della passata amministrazione, che consentiva per un cavillo istituzionale di non pretendere più di un milione di oneri (ci chiediamo, forse per rendere più appetibile al privato l’acquisizione degli immobili?), si sarebbe realizzata un’opera impattante senza avere (quasi) nulla in cambio. L’eredità delle scelte passate, dunque, è pesante e difficile da gestire.

Probabilmente da questo deriva l’incertezza di questi ultimi tempi in cui il progetto di Telecom potrebbe naufragare, ma d’altra parte un cambiamento di rotta era necessario per non avere più quel tipo di situazioni in cui il privato viene privilegiato rispetto alle esigenze della cittadinanza e per andare a sistemare altri problemi (per esempio la Lama che non si riesce a vendere?). E se il prezzo da pagare per tutto questo è così alto, non sarà, forse, il caso di sperare che il progetto davvero non vada in porto e che le Torri restino vuote fino a che non si trovi, comunque, una nuova e più sostenibile destinazione?

Ciò che si auspica ora, ovviamente, è di capire cosa succederà. “Chiediamo chiarezza e trasparenza alla maggioranza 5 Stelle – ha dichiarato Andrea De Priamo, Consigliere comunale Fdi e Vicepresidente dell’Assemblea capitolina – Abbiamo assistito a un turbinio di dichiarazioni contraddittorie dell’Assessore Berdini sulla sussistenza o meno degli oneri di urbanizzazione e al secondo slittamento della discussione di questo tema in Commissione urbanistica. Vista la delicatezza della vicenda, nevralgica per tutto il quadrante dell’Eur e non solo, non è possibile andare avanti con questa confusione”.

In tutto questo il nuovo logo di Tim ancora campeggia sui teli che rivestono totalmente le Torri dell’Eur. Tanta pubblicità, e la pubblicità costa. E se la società potrà uscire dal progetto senza pagare nulla ci sarà oltre il danno, anche la beffa. Di operazioni andate male, negli ultimi anni, ce ne sono state davvero troppe. Ora è tempo, davvero, di cambiare rotta.

Serena Savelli