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Afgani: un’accoglienza piena di contraddizioni

Il Comune e la Giunta municipale prendono le distanze dalla scelta dell’area. Il dibattito si sposta all’interno del Municipio XI tra maggioranza e opposizione.


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Continua la vicenda degli afgani, spostati recentemente dalla Stazione Ostiense a Tor Marancia in una tensostruttura all’interno degli spazi del San Michele. Il centro temporaneo è entrato in funzione il mese scorso con lo scopo di accogliere gli afgani per un periodo tra i 15 giorni e un mese, a seconda che siano “transitanti”, ovvero di passaggio nel nostro paese, o richiedenti asilo in Italia.
Sono molti i punti di contraddizione nati attorno alla struttura. Il primo è la vicinanza con un asilo, per cui sembra che l’opposizione municipale abbia raccolto circa 2000 firme per lo spostamento del centro. “Queste 2.000 firme non sono mai arrivate al Municipio – dichiara Andrea Catarci, Presidente del Municipio XI – e l’ordine del giorno dell’opposizione è stato bocciato in consiglio in quanto non raccontava la verità dei fatti. Si voleva fare furbescamente confusione tra la situazione degli afgani a Tor Marancia e quella dei rom all’ex Fiera di Roma, due fatti completamente diversi”. A questo ha risposto Simone Foglio, Capogruppo Pdl al Municipio XI: “Se il Presidente si aggrappa al fatto di non aver visto le firme, siamo disponibili a fargliele vedere, in modo che finalmente possa muoversi per trovare una soluzione. Invece il nostro documento è stato bocciato e sono state addossate tutte le colpe al Comune di Roma, quando il Municipio doveva indirizzare al meglio la scelta”. La vicinanza all’asilo è infatti uno dei punti su cui si è scatenata l’accesa polemica tra maggioranza e opposizione, ma anche tra lo stesso Municipio e il Comune, affittuario degli spazi del San Michele. Catarci non nega la necessità di trovare una struttura più idonea al centro temporaneo ed ha per questo approvato in Municipio un atto con cui si richiede una sistemazione più adeguata: “Il tendone di per sé è un elemento di emergenza e 150 persone sono troppe per la struttura, nonostante la situazione dalla Stazione Ostiense sia notevolmente migliorata. Abbiamo rinnovato quindi l’invito al Sindaco a superare la tensostruttura attuale con degli edifici idonei, che possano consentire un servizio degno di una capitale europea. Sono ancora in attesa di risposta”. La contraddizione di fondo rimane: il Comune ha investito dei soldi su una struttura che ora disconosce, non ritenendola adeguata per la vicinanza all’asilo, nonostante, come precisa Foglio, “esso non è comunale, dunque Roma Capitale poteva non essere al corrente della sua vicinanza con la tensostruttura”. Una situazione intrigata, a tratti paradossale. Pare che la locazione del centro temporaneo, dunque, non riesca a non generare dubbi e dissenso. “Gli spazi del San Michele – aggiunge Catarci – sono stati affittati dal Comune, che paga anche la cooperativa h24 che opera al loro interno. Il Sindaco ha dichiarato che la scelta era stata del Municipio e che andava superata, e questo succede perché siamo di fronte ad un primo cittadino per cui l’accoglienza non è qualcosa di cui vantarsi, ma un fardello. Ma poi come si fa a dire che il San Michele, che è la più grande Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza di Roma, non sia un luogo adatto ad erogare questo servizio?”. Certo, ci sono degli elementi che vanno rivisti e che, come afferma anche Catarci, proprio in virtù del fatto che la struttura è emergenziale, “vanno governati, ma è evidente che se c’è una paura generica, non sostenuta dai fatti, essa non va ulteriormente esasperata o strumentalizzata. Ci devono indubbiamente essere degli accorgimenti per limitare le tensioni, perché questa non è comunque una sistemazione ottimale. Per questo rinnoviamo la richiesta di edifici più adatti ad ospitare il centro”. Ma, secondo Foglio, la scelta è stata sbagliata in primis: “Non importa se essa è stata operata dal Comune o dal Municipio. È indubbiamente una scelta sbagliata. E il Municipio doveva saperlo prima di suggerire, o non provare a respingere, la locazione del centro a Tor Marancia, un quartiere che, nonostante la tolleranza e l’accoglienza dei suoi cittadini, subisce le difficoltà degli insediamenti abusivi e di contesti difficili. Una situazione, quindi, che potrebbe essere ulteriormente aggravata dal centro temporaneo per afgani. Ora il Comune ne ha preso atto e si sta attivando per lo spostamento della struttura in un luogo più idoneo, e spero che il Municipio, invece di fare inutile polemica politica, si muova anch’esso in tal senso”. Come accaduto il mese scorso, abbiamo tentato di parlare direttamente con il Vicesindaco Sveva Belviso, ma da lei e dal suo ufficio stampa nessuna dichiarazione.
Doveroso è approfondire anche la questione riguardante il riconoscimento soft che viene operato all’interno del centro dalle associazioni, volto a identificare gli ospiti afgani ma non a registrarli come richiedenti asilo, in modo che possano poter ripartire dall’Italia verso il paese europeo prescelto. Secondo gli Accordi di Dublino, infatti, la legislazione europea vincola l’immigrato a divenire richiedente asilo nel paese in cui viene identificato, non potendo più lasciare tale territorio per svariato tempo. La soluzione operata nel centro di Tor Marancia tenta di superare questo piccolo ostacolo. Catarci: “Non violiamo la normativa vigente perché non interdiciamo l’accesso alla struttura alla questura, qualora volesse intervenire per fare dei riconoscimenti. Credo che ci sia un buco normativo, a livello europeo. Con questa operazione Comune e Municipio tentano insieme di fare un passo in avanti rispetto alla legislazione, di sperimentare un intervento sui transitanti che ad oggi, normativamente ed operativamente, non è contemplato”.

Serena Savelli