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Fosso delle Tre Fontane: il MiBACT riconferma il vincolo, ma il Comune replica ‘il fosso non c’è’

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Catarci: “Una vittoria di Davide contro Golia”. Caudo: “Area dissequestrata perché il Fosso non esiste dal 1980”

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IL TESTO DEL MIBACT – Come già annunciato nella giornata di ieri le notizie sull’edificazione dell’I-60, circa 400.000 mc a ridosso di via Grotta Perfetta, sono tutt’altro che di piccolo calibro. Dopo la Delibera Regionale che eliminava qualsiasi vincolo sul Fosso delle Tre Fontane, l’inizio delle operazioni di ripristino dopo il dissequestro delle aree su cui aveva posto i sigilli la Forestale nel luglio del 2014, la diffida dei costruttori e la sospensione dei lavori da parte della Procura, oggi è il MiBACT a prendere posizione sulla Delibera Regionale contro il vincolo. Attraverso il verbale del 14 luglio della Commissione regionale per il patrimonio culturale del Lazio, si evidenzia che “Dovranno essere previste opere di ripristino e di rigenerazione dell’alveo del fosso, nelle pari alterate dagli interramenti, risagomando, secondo modellamento naturale del suolo, le parti attualmente interrate, utilizzando macchine non cingolate di dimensioni limitate, in modo da non disturbare gli habitat presenti, attuando per fasi prestabilite la rigenerazione naturalistica delle sponde”. Nonostante queste novità dipanare il bandolo della matassa risulta un’impresa piuttosto ardua, soprattutto perché in queste ore non è cessato il botta e risposta tra Comune, Presidenza del Municipio VIII e PD municipale.

IL DISSEQUESTRO E IL RIPRISTINO – Nella conferenza stampa indetta quest’oggi in Municipio VIII è l’Assessore all’Urbanistica Massimo Miglio a riprendere le fila dell’intervento urbanistico: “Nell’area è prevista una edificazione esorbitante di 400.000mc, non potendosi estendere oltre gli edifici di sette piani si è dovuta occupare tutta l’area a disposizione – seguita Miglio – ma anche questo non bastava per assolvere gli standard urbanistici necessari – verde, viabilità e parcheggi – quindi si passa ai sei casali, che secondo i costruttori sarebbero caduti da soli, e all’interramento del Fosso. Tutto questo – aggiunge l’Assessore – sulla base di dichiarazioni di dipendenti comunali e regionali non veritiere, che negavano l’esistenza del Fosso”. Ora si dovrà procedere al ripristino dell’alveo, come spiegato da Massimo Miglio: “L’area in queste ore sarà dissequestrata e speriamo già da lunedì di poter iniziare i lavori di ripristino in danno”.

LA REPLICA DEL CAMPIDOGLIO – Anche dopo la presentazione del documento del MiBACT sul dissequestro dell’area l’Assessore all’Urbanistica Capitolino, Giovanni Caudo, dà un’interpretazione del tutto diversa da quella degli esponenti municipali: “L’unico fatto concreto a proposito del Fosso di Tre Fontane avvenuto in queste ore è il dissequestro dell’area disposto dalla Procura perché il fosso è stato seppellito già nel 1980, a seguito della realizzazione di via Ballarin – afferma l’Assessore in una nota – Ricordiamo che il sequestro preventivo per presunti danni ambientali era avvenuto su richiesta del Municipio, oggi la procura con il dissequestro sancisce dopo oltre due anni di indagine, a seguito dei pareri dei consulenti del PM e avendo ascoltato tutte le parti, che non c’è stato alcun reato”. Per l’Assessore Capitolino le violazioni rilevate dal Municipio VIII in relazione all’intervento urbanistico non sussisterebbero: “Non possiamo che ribadire, mentre si diffondono notizie prive di fondamento, l’unico dato di fatto: il comprensorio urbanistico in corso di attuazione rispetta tutti i vincoli e ha tutte le autorizzazioni necessarie acquisite già nel 2010 compreso quello del Municipio. Nel pieno rispetto delle regole e dell’interesse generale”. Nessun problema sui vincoli o sulle autorizzazioni per l’Assessorato di Caudo, che aggiunge: “Il comprensorio urbanistico di Grottaperfetta è in fase di realizzazione dal settembre 2013, quando sono partiti i lavori del primo stralcio delle opere pubbliche, la viabilità di quartiere, nel frattempo sono stati appaltati gli altri stralci e sono stati autorizzate le cubature residenziali correlate. In questi anni – dice – è stato sottoposto a più riprese a continui e ripetute segnalazioni di danni e disastri ambientali incombenti e a rischio di cementificazioni. Gli uffici di Roma Capitale hanno collaborato in tutte le sedi con tutti i soggetti e le autorità competenti, fornendo la più ampia collaborazione alla magistratura e la decisione di oggi conferma quanto sostenuto sulla correttezza dell’operato degli uffici”.

L’IMPATTO SULLE EDIFICAZIONI – Nonostante le affermazioni del Campidoglio il vincolo, qualora fosse confermato, imporrebbe la non edificabilità in una fascia di 150m dal Fosso e potrebbe incidere notevolmente sulle edificazioni dell’I-60. Sull’area sarebbero infatti dovute sorgere alcune strade, una rotatoria e dei parcheggi, standard urbanistici che una volta esclusi dal progetto porterebbero ad un ricalcolo delle cubature, ma non solo: “I lavori procedono sulla base di una Convenzione Urbanistica inservibile – afferma il Presidente del Municipio VIII, Andrea Catarci – Con i 150m di inedificabilità del Fosso, con i ritrovamenti archeologici, i sei casali che si sono autodistrutti ma dei quali abbiamo le foto aeree e sui quali il vincolo di 50m rimane: la convenzione è inservibile – sottolinea – Chi continua a rilasciare permessi rischia di infilarsi in una situazione difficile”. A margine della conferenza abbiamo chiesto al Presidente Catarci quali potrebbero essere, secondo lui, le conseguenze di un taglio di cubature: “Per quanto mi riguarda le cubature da togliere non riposizionate da nessuna parte, perché il Fosso c’è e c’era anche quando si è previsto di costruire. Questa è la mia posizione politica – seguita il minisindaco – Il fosso c’è, hanno proposto di costruirci sopra, qualcuno ha detto sì? Bene ha sbagliato, per quanto mi riguarda si deve andare in sottrazione di cubature e fare una nuova Convenzione”.

LA FILIERA DELLE RESPONSABILITÀ – Al netto della vittoria proclamata a gran voce dal Municipio VIII, e delle possibili ricadute sull’intervento urbanistico, quello che più preme al Presidente Catarci, appoggiato in questo anche dal Capogruppo di Sel in Campidoglio Gianluca Peciola, è risalire alla filiera di responsabilità dietro questa vicenda. “Delle responsabilità politiche e amministrative – precisa Catarci – Una serie di persone negli anni hanno dichiarato che il Fosso non c’era. Mi interessa la filiera che ha condotto l’Assessorato Regionale e quello Comunale a credere che il Fosso non esistesse. Chiedo a Civita e a Caudo di fare una verifica interna”. Il Presidente a margine della conferenza racconta il disagio del Municipio di fronte a queste discrepanze: “Mentre noi andavamo lì e vedevamo il fosso con rane e pesci, continuavano a ripeterci che non esisteva. Questo è il problema, la differenza tra le carte firmate e la realtà – continua il Presidente – una realtà nella quale ha vinto Davide e non Golia”. “Oggi non è sufficiente dire che abbiamo vinto – aggiunge il Capogruppo Peciola – chiediamo dei riscontri e vogliamo capire cosa sia successo. Perché di fronte all’evidenza le carte hanno detto l’opposto? Penso che dobbiamo continuare questa battaglia”.

IL PD MUNICIPALE ALL’ATTACCO – Dalla maggioranza in Municipio VIII è la Consigliera PD e presidente della Commissione Urbanistica, Antonella Melito, assieme al Capogruppo, Federico Raccio, a prendere la parola in merito alle ultime notizie sul Fosso delle Tre Fontane e sull’edificazione dell’I-60. In particolare dai dem municipali l’attacco è tutto nei confronti dell’operato del Presidente Catarci e dell’Assessore Miglio: “Catarci non illuda i cittadini con i suoi comunicati. Nella comunicazione interna del Ministero che è stata fornita da Catarci è espresso un parere sulla apertura della procedura di apposizione del vincolo sull’area del fosso, ne prendiamo atto e seguiremo il lungo iter previsto dalla normativa con attenzione e rigore, ma trasformare questo atto amministrativo interno in un provvedimento di apposizione del vincolo, come ha fatto il Presidente Catarci probabilmente tratto in errore dall’assessore Miglio, è un grave abbaglio che rischia di illudere i cittadini e le associazioni ambientaliste”. I due consiglieri municipali parlano anche del dissequestro dell’area avvenuto quest’oggi: “sembra sconfessare, come ha dichiarato l’Assessore Caudo, gli atti predisposti fino ad ora dall’istituzione municipale se, come sembra, non presenta nessun tipo di prescrizione per i possessori”.

MANCANZA DI PROSPETTIVA – Sempre secondo la consigliera Melito e il Capogruppo Raccio, quella che sarebbe mancata è l’attenzione all’intero intervento, comprese le opere pubbliche previste: “Mentre tutte le attenzioni dei competenti uffici amministrativi e politici municipali sono stati impegnate sulle questioni del Fosso, sono state avviate le realizzazioni edilizie relative a 5 palazzi di otto piani nell’area dell’I-60 e nelle prossime settimane saranno avviati altri cantieri – sottolineano – Tutto questo sta avvenendo senza che veda la luce nessuna delle opere pubbliche previste nell’intervento, oltre al grande intervento per il Parco di Tor Marancia anch’esso fermo a causa di un sequestro. Riteniamo che le azioni del municipio oltre a portare avanti la legittima, ma forse sterile alla luce dei fatti di oggi, battaglia sull’ipotetico Fosso, dovrebbero occuparsi di mettere in atto tutte le azioni necessarie per dare ai cittadini, al più presto, i servizi pubblici e le infrastrutture previste che devono essere realizzate dai privati – concludono Melito e Raccio – Mentre il presidente continuerà nelle sue battaglie personali insieme all’assessore Miglio, il PD avvierà una azione perché sia garantita la realizzazione di tutte le opere pubbliche previste e in particolare siano riavviate al più presto le attività per la realizzazione del parco di Tor Marancia”.

UNA VITTORIA DEI CITTADINI – Sono poi i Consiglieri Capitolini del M5S, a parlare ancora una volta di una ‘vittoria dei cittadini’, con un vincolo che “rappresenta la conferma che nel progetto I-60, riguardante le palazzine al posto del verde a ridosso del Parco dell’Appia Antica, c’è qualcosa di marcio – seguitano i penta-stellati – Quella dell’I-60 è una battaglia cominciata nel 2008 e portata avanti da comitati e associazioni, inascoltati fino ai sequestri dello scorso anno. Il M5S, con i suoi parlamentari, consiglieri regionali e comunali, guidati dai consiglieri dell’VIII Municipio, ha affiancato da subito i cittadini in questa importante battaglia depositando mozioni, interrogazioni ed esposti all’Autorità Giudiziaria”. La stoccata dei Cinque Stelle è tutta per l’Amministrazione Capitolina, nonostante dall’Assessorato all’Urbanistica si sia ribadita la correttezza del’intervento: “Ora Marino e Caudo non hanno più alibi: devono fermare il cantiere, riprendere in mano il progetto, che così com’è viola il vincolo e finalmente fare gli interessi dei cittadini”.

IL RAPPORTO CON IL TERRITORIO – Dal territorio e dall’Associazionismo i ringraziamenti e il plauso per il lavoro svolto sono unanimi: “Nulla sarebbe potuto accadere senza i comitati dei cittadini – ha detto Annalisa Cipriani di Italia Nostra – Un valore enorme in questo municipio contro una filiera di procedure in deroga alla legge”. “È amareggiante vedere come soltanto i cittadini e le amministrazioni virtuose riescono a portare avanti i valori del territorio, del paesaggio e della qualità della vita – seguita l’Avv. Montini della stessa Associazione – Un Fosso importante di 4,5 km che è sempre stato cartografato sin dal 1574 con le carte di Eufrosio e poi con quelle di Gregorio XIII, cancellato per gli interessi della speculazione edilizia. È la filiera amministrativa e politica che deve essere l’argine degli interessi economici, se questo non avviene sono i comitati e le associazioni che si assumono un ruolo di supplenza dello Stato che non gli appartiene”. La portavoce del Comitato Stop I-60, Giuseppina Granito, è intervenuta per segnalare come questa sia “una grande vittoria che apre una piccola speranza di invertire la rotta e di interrompere il cammino di queste strane filiere. Dobbiamo riconoscere come cittadini che l’istituzione di prossimità è stata vicina, cosa che sovente non accade. Noi saremo vigili, bisognerà rimettere in discussione la Convenzione, perché i cittadini con le proprie risorse hanno combattuto e non sempre la città può essere modellata sul volere di chi detiene il potere economico”.

Leonardo Mancini