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Tor Marancia: chiude la tensostruttura di via Odescalchi

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Catarci: “Un capolavoro di incapacità e superficialità”

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LA CHIUSURA – Mentre arriva la notizia dell’apertura entro luglio di un nuovo centro di accoglienza alla stazione Tiburtina, un duro colpo viene inferto all’assistenza a rifugiati e transitanti della Capitale. Sembra sia arrivato il momento della chiusura per la tensostruttura di via Odescalchi che dal 2012 ospita gli afghani, transitanti o in attesa dell’ottenimento dell’asilo, sgomberati dal binario 15 della Stazione Ostiense. L’indicazione sembra sia arrivata dall’Assessorato alle Politiche Sociali ed è stata annunciata dal Presidente del Municipio VIII Andrea Catarci: “Una decisione – spiega – senza alcuna comunicazione ufficiale, per ragioni che restano ignote tanto al Municipio quanto alle tante Associazioni che in forma volontaria e gratuita hanno operato lì per anni”. Gli operatori della struttura già da alcune settimane avrebbero ricevuto indicazione di non accogliere nuovi migranti: “Così stamattina, ultimo giorno di attività, al momento della visita di alcuni Consiglieri municipali di Pd e Sel – Alessandra Aluigi, Gabriella Magnano, Amedeo Ciaccheri, Federico Raccio – che si ringraziano per l’attenzione e la sensibilità dimostrata, mentre venivano portati via i materassi erano presenti solo in 16, visto che le altre persone erano già state progressivamente ‘rifiutate’ nei giorni scorsi per svuotare gli spazi dalle 150 che abitualmente li utilizzavano”.

I MIGRANTI SI SPARPAGLIANO – “Poco importa che si sia preparata una commedia per avere una scusa disponibile, cioè ‘erano pochi e costavano troppo’ – seguita il Presidente Catarci – come accennato nella tensostruttura c’erano solo 16 persone non perché non ce ne sia più bisogno o perché tutte le altre siano state collocate in luoghi migliori, semplicemente perché si è interdetto l’accesso”. Riprova di questo sarebbe la moltitudine di bivacchi sorti nel quartiere, anche nelle immediate vicinanze della struttura. In molti hanno infatti deciso di passare la notta in rifugi di fortuna tra i banchi del vicino mercato rionale o nei parchi e giardini del territorio. “I movimenti segnalati sono stati la conseguenza della chiusura della struttura di Viale Odescalchi, frutto di una ben definita strategia che recita, più o meno, ‘dall’accoglienza allo sparpagliamento’ sul territorio – continua irato il minisindaco – così, tanto per complicare ulteriormente la vita di rifugiati e transitanti nonché dei nostri quartieri così, tanto per maltrattare i volontari delle numerose realtà territoriali e cittadine che la questione dei rifugiati afghani l’hanno presa in carico fin dai tempi della Stazione Ostiense, in alcuni casi fin dal 2006; così, tanto per mortificare gli sforzi dei tanti, associazioni e singoli, che nelle ultime settimane hanno raccolto materiali di prima necessità e rilanciato la solidarietà concreta sostenendo in forma autorganizzata i migranti della Stazione Tiburtina”.

LA STORIA DELLA TENSOSTRUTTURA – Questa esperienza, conosciuta e studiata a livello europeo, è nata nel 2012 come misura emergenziale a seguito dello sgombero della tendopoli all’interno dell’ex Air Terminal dell’Ostiense. Questa soluzione, non senza difficoltà e polemiche, venne ottenuta grazie alla collaborazione tra il Municipio, l’Assessorato comunale alle Politiche Sociali e l’istituto San Michele. Con queste realtà hanno collaborato alla realizzazione dei servizi della tensostruttura tante associazioni di volontariato come Medici per i Diritti Umani, L’Albero della vita, A buon diritto, Brigata Garbatella Prociv Arci, Agenzia Diritti Nuova Cittadinanza e Centro di servizi per il volontariato. Nella struttura provvisoria d’accoglienza, riscaldata ed attrezzata con letti, bagni e docce, gestita da una organizzazione sociale e funzionante dalle 19 alle 9, hanno trovato rifugio le persone che vivevano in condizioni drammatiche presso la tendopoli sorta a ridosso del binario 15 della Stazione Ostiense. “Si è lavorato da subito per superare la tensostruttura ed il Municipio già nell’aprile 2012 approvava in Consiglio municipale un atto finalizzato a ottenere la disponibilità di un edificio idoneo, per eliminare un arredo d’emergenza – spiega il Presidente Catarci in una nota – Insomma, la proposta era già allora di togliere di mezzo l’improvvisato padiglione e migliorare il servizio reso, la stessa che poi si è ribadita innumerevoli volte alla Giunta Marino, prima all’Assessora Cutini e poi all’Assessora Danese. Ma niente, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Si è arrivati alla chiusura senza miglioramento e persino senza il mantenimento, con l’azzeramento dell’esperienza! Non si è lavorato ad alcuna situazione alternativa”. Tra le possibili soluzioni anche lo spostamento di questi servizi in una ex-scuola a Tor Carbone, vicenda più volte affrontata dal nostro giornale: “Non è evidentemente stata reputata idonea – seguita Catarci – Giudizio legittimo, ma non lo è altrettanto scegliere l’inerzia completa come ha fatto l’attuale Giunta comunale, mentre andavano perdute le risorse per rendere disponibili gli spazi dell’ex scuola”.

L’ATTACCO DEL MUNICIPIO – È ancora il minisindaco del Municipio VIII a non voler mollare la presa, andando nuovamente all’attacco dell’assessorato capitolino: “Quando si incontrerà di nuovo il Sindaco del porto greco di Patrasso e qualcuna delle tante delegazioni europee venute a studiare l’esperienza virtuosa della tensostruttura, si dovrebbe raccontare della chiusura senza alternative voluta da una Assessora che non ha neanche trovato il tempo di mettere il tutto nero su bianco – conclude – Non avendo intenzione di rassegnarci a tale capolavoro di incapacità e superficialità, insieme alle associazioni territoriali siamo a chiedere conto dell’accaduto ed a reclamare l’immediato ripristino di uno standard minimo di accoglienza per gli afghani, magari in uno dei tanti edifici vuoti di cui la stessa Ipab dispone nella medesima area”.

LeMa