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Marconi: cinque indagati per la vicenda urbanistica dell’ex Città del Gusto

Avviate le indagini della magistratura per accertare la regolarità del procedimento a monte

Tratto da Urlo n.162 Novembre 2018

MARCONI – Ci sono importanti novità sul fronte del Piano Casa di via Enrico Fermi. È notizia di qualche settimana fa, secondo quanto riportato dal Corriere.it, l’iscrizione nel registro degli indagati di cinque persone tra funzionari comunali e rappresentanti della società edile Zeis. Da una denuncia dei cittadini è scaturita una serie di accertamenti sulla regolarità del condono a monte della costruzione non dell’attuale Piano Casa, ma della Città del Gusto oggi non più esistente, risalente all’epoca in cui nell’area sussisteva un consorzio agrario.

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IL VIZIO A MONTE – La zona è stata poi trasformata in superficie commerciale, comprendendo attività quali il cinema, la Città del Gusto, la ASL e un supermercato. Servizi che, con l’istituzione della legge del Piano Casa, hanno lasciato il passo a delle palazzine residenziali, il cui cantiere è a oggi visibile su via Enrico Fermi. Il problema, ora, è che se il condono a monte di tutto effettivamente non fosse lecito, anche le nuove cubature previste attualmente sull’area potrebbero poggiare la loro base su una procedura non completamente regolare.
È l’Assessore all’Urbanistica del Municipio XI, Luca Mellina, a spiegarci nei dettagli cosa è accaduto e gli scenari che, ipoteticamente, potrebbero prospettarsi: “I cittadini hanno sempre osteggiato il Piano Casa Fermi, perché il territorio ha perso servizi in cambio solo di residenze. Questo, personalmente, va contro la mia visione di città, che deve essere intesa come un tessuto”. Allo stato attuale delle cose, la magistratura sta indagando su un presunto falso condono risalente a molti anni fa. “Quando un costruttore presenta un Piano Casa, chiedendo di poter fare una demolizione e una ricostruzione – ha continuato Mellina – quello che deve garantire è la legittimità delle preesistenze”, ovvero che ci sia dietro tutta una serie di permessi che poi portano alla realizzazione di una nuova opera. In questo caso specifico sembra che l’oggetto dell’indagine risalga proprio all’epoca del consorzio agrario. “Forse, visto che di condoni ce ne sono stati tre – ipotizza Mellina – probabilmente ancora prima dell’entrata in possesso della struttura da parte dell’attuale proprietario, essi hanno sanato la situazione. Quello che oggi viene messo in discussione è il fatto che questo fosse lecito o meno, risaliamo a normative dove era possibile condonare alcuni fabbricati se fatti in un certo modo, in certe situazioni e entro una certa data”. Sono tutte ipotesi che dovranno attendere l’esito delle indagini. Quello che è certo è che l’area ha subito molte trasformazioni negli anni, con progetti diversi tra loro, in un lasso di tempo davvero ampio. Tutto questo rende la situazione difficile e aperta a molti dubbi. Nel caso ci fosse stato un errore, “l’Ufficio speciale del Condono Edilizio dovrebbe intervenire invalidando l’eventuale concessione in sanatoria data. Questo provocherebbe la decadenza della legittimità di preesistenza, quindi la decadenza anche dell’attuale permesso”, ha concluso Mellina. Il procedimento penale servirà proprio ad accertare le responsabilità di quella che sembra essere una situazione molto complessa.

IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Nello scorso dicembre il Piano Casa di via Fermi era stato investito da un altro procedimento, questa volta amministrativo. La società edile Zeis aveva fatto causa al Comune di Roma per aver disposto uno stop al cantiere, lamentando un danno di tempo e denaro commisurato in 4,6 milioni di euro, cifra che, secondo il TAR, Roma Capitale dovrebbe pagare al costruttore. Il Comune fermò il cantiere per degli accertamenti sulla legittimità del permesso a intervenire sull’area, dopo un anno dal primo stop disposto dall’ex Assessore all’Urbanistica della Giunta Marino, Giovanni Caudo. “Sul procedimento amministrativo c’è stata la condanna di primo grado del TAR. Il Comune con il fermo doveva verificare se c’erano delle irregolarità nel procedimento, e in quel caso l’Ufficio Condoni disse che era tutto a posto – ha dichiarato Maria Cristina Restivo, Consigliere Gruppo Misto al Municipio XI – Ora accanto a questo c’è un procedimento penale in corso, e gli esiti sembrano profilarsi molto differenti”.

LE PAURE – “In sostanza non si contesta il Piano Casa che ha portato alla demolizione della Città del Gusto – ha dichiarato Maurizio Veloccia, Consigliere Pd al Municipio XI – ma la nascita della stessa, e delle opere collaterali, sarebbe stata viziata da un presunto falso condono all’inizio degli anni ’90. La vera paura è che quello scheletro resti così ancora a lungo”. Una situazione questa che fin dal principio ha peccato di disattenzione, come dichiarato da Marco Palma, Vicepresidente del Consiglio al Municipio XI (Fdi): “Se i Sindaci che si sono avvicendati su questo intervento avessero effettuato le verifiche in modo più attento, non saremmo arrivati a questo stallo. Non si sarebbe smantellato per poi ritrovarci uno scheletro, che ha cancellato servizi importanti come il poliambulatorio, le attività commerciali e di intrattenimento. Questo Piano Casa ci porterà a un impaludamento del quadrante con contraccolpi per l’intera economia territoriale, già provata da una serie di trasformazioni e dall’incapacità di rilanciare il territorio”. La paura che lo scheletro dell’intervento resti lì, divenendo un monumento al degrado, accomuna residenti ed esponenti istituzionali. Non ci resta che attendere l’esito delle indagini della magistratura, per comprendere meglio in che direzione si andrà per completare, o meno, il tanto discusso intervento.

Serena Savelli