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Interventi a sostegno della popolazione detenuta della Regione Lazio

ROMA – Ieri 18 settembre 2018, all’interno della sezione Nido del carcere di Rebibbia è avvenuto l’omicidio di una bambina di sei mesi da parte della madre. Alice Sebesta, 33 anni, di origine tedesca, ha attentato alla vita dei suoi figli. Per la piccola non c’è stato scampo, il più “grande” di un anno e sette mesi è in gravissime condizioni all’ospedale Bambino Gesù di Roma. Sicuramente un gesto orribile, ma del quale non si può considerare colpevole solo la donna.

Il nido di Rebibbia è considerato un modello da seguire, data la presenza interna della ludoteca “casetta di Koine”, la presenza di operatrici, puericultrici ed una pediatra. Vi è anche un cucinotto per pappe e una culla vicino al letto della madre, ma tutto questo si trova pur sempre all’interno di un carcere con sbarre a porte e finestre e mazzi di chiavi massicci e rumorosi che non lasciano spazio alla fantasia. Una mamma che non ha parenti a cui affidare i bambini, di età inferiore ai quattro anni, può decidere di tenere con se i piccoli in base a quanto prevede la legge 354/197. Nel 2017 a Roma, è stata inaugurata “La Casa di Leda”, l’unica casa famiglia protetta per detenute con figli in tutta l’Italia, la quale comunque non basta e non è applicabile al caso specifico.

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Una soluzione in realtà è stata introdotta dalla legge nazionale del 21 aprile 2011, n.62 che ha modificato il codice di procedura penale, semplificando l’individuazione del percorso e della localizzazione che deve portare le regioni ad istituire un Istituto di Custodia Attenuata per detenute Madri. Un luogo comunque di controllo, ma dislocato rispetto al carcere femminile, che non faccia sentire i bambini come in “gabbia”. La problematica si presenta nel momento in cui, dal punto di vista regionale, non ci sono le strutture e quindi un’attuabilità legislativa.

Lo scorso luglio, in tempi “non sospetti” o meglio, quando non vi era ancora l’attenzione dovuta ad una tragedia, Chiara Colosimo, consigliera regionale appartenete al gruppo Fratelli d’ Italia, aveva chiesto la modifica alla legge regionale dell’8 giugno 2007, n.7 ovvero l’articolo riguardante “Interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta della Regione Lazio”.
I punti sono ovviamente circa la realizzazione di strutture destinate alle detenute madri con bambini di età non superiore ai 6 anni, disposizioni a tutela del rapporto tra genitrici e minori e la costituzione di un gruppo interistituzionale con amministrazioni competenti per definire i requisiti e le procedure per l’individuazione di immobili regionali destinati all’ICAM.
La proposta di legge è stata ripresentata i primissimi giorni di settembre al Consiglio Regionale del Lazio ed e finalmente ieri è stata approvata.

In Italia attualmente sono 52 le detenute madri con bambini al seguito, 62 i piccoli costretti in carcere. Nello specifico nel Lazio sono rispettivamente 13 mamme e 16 bambini. Un passo anche se piccolo, verso una corretta riabilitazione ed una più efficace amministrazione dell’organo penitenziale.

Alice Conti