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Trentamila luci contro i razzismi e l’intolleranza

Ieri sera ha sfilato in centro la fiaccolata organizzata dalle istituzioni per manifestare contro tutti i razzismi e per affermare la libertà dei diritti individuali.
L’esplosione di omofobia ha investito la capitale con nuove paure e ha lanciato altre sfide ma la manifestazione di ieri sera ha dimostrato che si è rinnovato uno spirito forse assopito, una partecipazione troppe volte tiepida e poco visibile.

Parte da Piazza Santi Apostoli la fiaccolata, è un fiume tranquillo, illuminato, avvolto da bandiere della pace. Non c’è musica assordante, non ci sono cori, ma tante bandiere, tanti colori che testimoniano la presenza di associazioni di ogni tipo. Ci sono l’Arcigay, il Circolo Mario Mieli, la Cgil. Amnesty International, associazioni di bambini Rom e tanti altri stemmi e simboli, uniti, confusi con gioia. Unica bandiera di partito a sventolare è quella di Sinistra e Libertà, ma ai lati del corteo i fari delle telecamere illuminano Franceschini, Debora Serracchiani, Vladimir Luxuria e verso la fine compare anche l’ex sindaco Veltroni. Davanti a tutti ci sono Alemanno, Zingaretti e Marrazzo, circondati da altre personalità di spicco come Renata Polverini, segretario generale del sindacato Ugl e il rappresentante della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, a fianco di un prete cattolico. Tutti insomma, destra e sinistra, maggioranza e opposizione, etero e omosessuali, bianchi e neri, italiani e non, almeno una volta senza alzare la voce, sorridendo con rispetto e tenendo la stessa fiaccola che simboleggia un insieme di speranze comuni. Senza disordini il cordone si snoda fino al Colosseo e lì la conduttrice Paola Saluzzi  introduce i brevi interventi dei nostri rappresentanti. Alemanno ringrazia tutti e sottolinea che le persone presenti alla manifestazione danno voce alla maggior parte dei romani, Zingaretti è perentorio “Nessuno si permetta più di toccare un omosessuale, un uomo di colore, qualsiasi persona diversa da sé”, e Marrazzo conclude “Questa è Roma, noi siamo insieme,loro hanno usato il fuoco per incendiare e noi le torce per dire che questa è la vita che vogliamo vivere”. Applausi, tanti applausi e senza presentazione le note di Nicola Piovani accompagnato da una tromba ci riportano a “La vita è bella”, con tutta la carica di significato che racchiudono dopo che a esprimere la propria condanna del razzismo era stato Pacifici. Sul palco sale poi Gigi Proietti e l’attore è accolto da un’ovazione. Non nasconde la sua emozione e dice di sentirsi fiero e onorato. Non chiarisce l’autore del brano che va a leggere, inizia a parlare di discordia tra gli uomini come male atavico, piaga millenaria e di concordia come unico strumento per sconfiggerla, sanarla. Le parole restituiscono un idealismo puro ma forte, l’utopia che lascia il passo alla certezza di un futuro migliore dell’eredità consegnata dalla Storia. Sono le parole di Voltaire, tratte dal suo dizionario filosofico alla voce “tolleranza”. Altra ovazione ed è la volta di un entusiasta ed entusiasmante Giorgio Albertazzi, che definisce l’idea della manifestazione “straordinaria, bellissima”. Accompagnato da chitarra e armonica legge il testo tradotto di “Blowing in the wind” di Bob Dylan, con suoi interventi concitati. La voce vibra e le parole scatenano un applauso “indisciplinato”, spontaneo, che esplode in una nuova ovazione, accompagnato dalle note tremule dell’armonica. “Lascia parlare il vento amico mio, la risposta è nel vento”. Albertazzi non si frena, e recita le parole di uno spiritual, canto storico dei neri d’America relegati nelle piantagioni del Sud: “Tutti i figli di Dio hanno le ali”. È un crescendo che coinvolge in un’alchimia inaspettata tutti i presenti, forse il momento più forte di due ore piene di emozioni. È la volta di “Due Amori” di Oscar Wilde.  Pochi secondi di poesia lasciano la firma dell’attore e regista, che esce complimentandosi con tutti e tra una gioia di nuovo composta. Paola Saluzzi legge gli slogan di tutte le associazioni e lancia una maglietta verso la folla con un messaggio sarcastico che chiude la serata: “Se non sopporti chi è diverso da te, clonati”.
Questo il finale della fiaccolata, un momento di riavvicinamento delle istituzioni alla società civile e delle varie espressioni che rendono multiforme e ricca questa società, la dimostrazione del fatto che una sensibilità comune, che alcuni chiameranno etica, altri civiltà, unisce la popolazione cittadina. Quello che resta della passeggiata silenziosa e delle parole gridate dal palco è la concretezza, la concretezza di chi con rispetto si avvicina alla diversità e le lascia spazio, senza ritenere che sia una concessione ma semplicemente un diritto, con la serietà dell’incontro ma anche con la gioia della conoscenza profonda. Ieri sera Roma ha bloccato per due ore la paura, ha illuminato il buio delle intolleranze con trentamila luci che illuminavano una società diversa, ricca di diversità e forte, fiera della sua diversità, in cui stranieri e italiani, mussulmani ed ebrei, eterosessuali e gay, colletti bianchi e operai hanno riposto ogni definizione per sentirsi esclusivamente Persona.

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Stefano Cangiano
Urloweb.com