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I cibi, non tutti sanno che…

I cibi scaduti fanno veramente così male o si possono mangiare?


Quando leggiamo l’etichetta di un alimento occorre prestare un occhio di riguardo per i tempi e per le modalità di conservazione. Gli alimenti mantengono intatte le loro caratteristiche organolettiche (caratteristiche fisiche e chimiche percepite dagli organi di senso tali da suscitare nella persona reazioni emotive più o meno intense) e nutrizionali per un certo periodo di tempo oltre al quale cominciano a modificare le loro peculiarità. Con il passare del tempo, nel prodotto possono verificarsi alterazioni chimiche e microbiologiche.
Questo dipende in parte dal tipo di alimento, dai suoi ingredienti e dalle modalità di lavorazione. Nell’etichetta alimentare quando troviamo scritto “da consumarsi preferibilmente entro” indica il termine minimo di conservazione, cioè la data entro la quale il prodotto conserva integre le sue qualità. Oltre tale data può essere comunque consumato, ma il produttore non garantisce l’assenza di segni di degradazione più o meno evidenti o comunque in alcuni casi il prodotto tende a perde le sue proprietà.
“Da consumarsi entro il …” indica la data di scadenza cioè la data entro la quale il prodotto deve essere necessariamente consumato. Non si tratta quindi di una semplice raccomandazione come nel caso precedente, ma di un vero e proprio vincolo a cui il consumatore intelligente deve attenersi.
Questo non vuol dire che ‘consumando alimenti scaduti’ si possa obbligatoriamente incorrere in gravi problemi di salute, un po’ di margine c’è sempre, ma non per tutti gli alimenti e soprattutto solo per i cibi conservati in condizioni ottimali

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La data di scadenza posta sull’etichetta alimentare varia a seconda del periodo di conservazione dell’alimento:

– per i prodotti conservabili meno di tre mesi deve precisare il giorno, il mese e l’anno;
– per prodotti conservabili più di tre mesi ma meno di diciotto deve precisare solamente il mese e l’anno;
– per i prodotti conservabili oltre i 18 mesi deve precisare solamente l’anno;
Prendiamo ad esempio lo Yogurt che puntualmente ci lo ritroviamo nel frigo scaduto!
Se ci mangiamo il nostro vasetto il giorno dopo la scadenza non succede nulla, ma nei giorni successivi la sua quantità di fermenti tenderà a diminuire e quindi i benefici che quei microrganismi possono portare sono minori. Possiamo comunque consumare il nostro yogurt anche fino 2-3 giorni dopo la scadenza indicata, dobbiamo però tenere presente che i fermenti cominciano progressivamente a diminuire.
Ci sono alimenti invece che supportano un maggior tempo di conservazione (oltre 18 mesi) e quindi la data di scadenza sulla confezione riporta solo l’anno.
Questi cibi come ad esempio pasta, succhi di frutta, conserve, marmellate, tollerano meglio l’invecchiamento e possono essere conservati per tempi più lunghi dopo la data di scadenza. Sempre però se conservati in modo corretto.

Attenzione a cosa scegliete!
Molto spesso il consumatore è portato a scegliere un alimento anziché un altro per il suo più lungo periodo di conservazione. In realtà in alcuni casi un periodo di conservazione inferiore sottolinea la qualità del prodotto, che probabilmente contiene un quantitativo inferiore di conservanti o ingredienti più pregiati. Per esempio una pasta alle “uova fresche” avrà una conservabilità inferiore rispetto ad una pasta realizzata con “uova in polvere e addensanti”.

– Gli additivi alimentari sono potenzialmente dannosi. Ma cosa sono?
Gli additivi alimentari sono sostanze che vengono aggiunte al cibo per migliorarne alcune caratteristiche come:

tempo di conservazione (conservanti)
aspetto o colore (coloranti)
sapore (esaltatori di sapidità, correttori di acidità, ecc.)

Gli additivi alimentati non hanno alcun valore nutrizionale e non sono sempre così innocui come vorrebbero farci credere. Il loro impiego è regolamentato a livello nazionale e comunitario e sulle etichette vengono spesso indicati con la lettera E seguita da un numero.
La lettera E indica che l’additivo in questione è permesso in tutti i Paesi dell’Unione Europea mentre il numero che segue ne definisce la categoria di appartenenza.

Coloranti ( da E100 ad E199 ): donano all’alimento una particolare colorazione migliorandone l’aspetto;
Conservanti ( da E200 ad E299 ): impediscono lo sviluppo di batteri, lieviti e muffe, aumentando la conservabilità dell’alimento e rallentandone il processo deterioramento;
Antiossidanti ( da E300 ad E322 ): evitano il l’ossidazione dell’alimento impedendo che il suo colore cambi o si scurisca;
Correttori di acidità ( da E325 ad E385 ): donano all’alimento un gusto acidulo;
Addensanti, emulsionanti e stabilizzanti ( da E400 ad E495 ): migliorano la consistenza del cibo, aumentando l’aggregazione degli ingredienti che altrimenti tenderebbero a separarsi;
Aromatizzanti, donano agli alimenti specifici odori e sapori. La legge italiana prevede la loro indicazione in etichetta con il termine generico di “aromi”. Possono essere naturali o artificiali. Nella prima categoria rientrano alimenti come aceto, limone, zucchero e derivati, alcol, olio e sale.

Attenti! In ogni caso il produttore può affiancare agli additivi registrati con la sigla europea, altri additivi scritti con il loro nome per esteso. In questo caso l’ignaro consumatore è tratto in inganno poiché portato a pensare che gli additivi impiegati siano solo quelli contrassegnati con la sigla europea E… .
Spesso l’uso massiccio di additivi sottolinea la scarsa qualità dell’alimento dato che in molti casi queste sostanze vengono usate per mascherare l’assenza di alcuni ingredienti troppo costosi o per compensare la scarsa qualità delle materie prime.

– Coloranti: possono esserci effetti collaterali?
Ci sono diversi coloranti su cui è possibile ipotizzare un certo fattore di rischio per la salute dell’uomo. In particolare possono verificarsi casi di reazioni allergiche, causati talvolta anche da parti piccolissime di questi coloranti, soprattutto in quelle persone che presentano allergie all’acido acetilsalicilico (aspirina) nonché verso i salicilati.
Ci sono moltissime persone che, ogni anno, sono colpite da orticaria dovuta a reazioni allergiche verso additivi alimentari. Circa il 10% degli asmatici reagisce ai coloranti azoici con attacchi di asma.
In base alle ultime disposizioni, gli alimenti che possono essere trattati con i coloranti consentiti sono soprattutto i seguenti:
Dolciumi: glasse e prodotti a base di zucchero, con eccezione di liquirizia e prodotti preparati con il latte, burro, miele, uova, malto, caramello, cacao, cioccolata, caffè; ciliegie per cocktail; frutta candita, con eccezione delle bucce candite di arancia e limone; gelati confezionati; marzapane e simili.
Pesce: prodotti a base di uova di pesce; gamberetti in barattolo; filetti di salmone in scatola.
Altri prodotti: confetture a basso contenuto calorico, creme e gelatine, budini, salse dolci e zuppe con l’eccezione di prodotti a base di cacao, cioccolata, caffè, uova e zucchero caramellato; bibite effervescenti, bevande confezionate, margarina, formaggi, liquori alle erbe; conserve di fragole, lampone e ciliegie.

Maria Linda Muzi