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Diritto alla famiglia, diritto alla vita

L’inizio del 2013 ha portato con sé un cospicuo strascico di insoddisfazione e incertezza, nonché di speranza ed estrema voglia di cambiamento. E indigestioni a parte, il vero fulcro delle festività, è stato ancora una volta la famiglia.

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E su questo tema una riflessione è dovuta, vista la sua importanza e centralità. In primo luogo: oggi è possibile dire che essa sia esclusivamente fatta da due persone, di sesso diverso, che si sposano e che hanno dei bambini? A mio avviso, di famiglia ce ne sono tanti tipi, sia utopicamente parlando, sia a livello pratico. La famiglia possono essere gli amici, gli zii, o persone particolarmente vicine, se qualcuno non ha avuto la fortuna di possederne una sua. Ma famiglia possono essere anche due persone che si amano, che si assistono, che convivono, che affrontano ogni giorno i problemi della vita. E sì, anche dello stesso sesso, che cambia? La forza di tali nuclei è l’unione, il sentimento, il sentirsi parte di uno stesso scopo in un’esistenza a due. Fondamento che addirittura, a volte, non sussiste nei nuclei riconosciuti. Non è una questione di validità legale, insomma, ma di umanità. Ma la vita è fatta di paradossi, ormai ci siamo abituati.

 

Paradosso è anche ciò che ribalta, oggi, la consuetudine dei figli ad aiutare i genitori anziani, o quantomeno a non pesargli sulle spalle. La famiglia è diventata la prima forma di welfare, al posto dello Stato. Economicamente, socialmente, moralmente e praticamente. Ed è tanto bello quanto ingiusto, perché da una famiglia si deve avere la possibilità di creare altre famiglie. È un piccolo dettaglio dell’evoluzione della specie che, evidentemente, le nostre Istituzioni hanno dimenticato. 

Trovo scandaloso che chi, invece, riesce a costruirsi un nucleo famigliare poi non possa goderselo. Pensate alle liberalizzazioni degli orari dei negozi e a chi ci lavora. Pensate a tutti quei dipendenti che non hanno ferie, permessi, malattia, o che semplicemente lavorano 50 ore o più a settimana, in barba alle leggi vigenti. È vero, il lavoro ormai è merce rara. Ma la dignità, il rispetto e la vita vengono ancora prima di ogni cosa. Sono il fulcro di un paese civile che si rispetti, e che sempre più spesso, invece, calpesta senza remore le basi della sua essenza. 

E certe volte viene da chiedersi se i Maya non avessero ragione, se la fine del mondo non sia, forse, anche questa.

Serena Savelli