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Giro di boa

elezioni2013

Ho sempre pensato che il voto fosse un’arma importante per il cittadino e non ho mai rinunciato al mio diritto di andare alle urne, nemmeno una volta.

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Che poi questo sia anche un dovere è relativo, in un paese dove viene fatto tutto e il contrario di tutto. Ho sempre creduto che non esprimendo una preferenza non mi sarei di certo potuta lamentare di chi poi sarebbe andato alla guida di un’amministrazione, locale o nazionale che sia. Per la prima volta mi sorge il dubbio che tutte le mie convinzioni vadano riviste perché dare una preferenza che sia “la meno peggio” o esprimersi su qualcuno di cui non si è pienamente convinti è come stuprare la propria dignità e integrità morale.

Negli anni, e soprattutto negli ultimi tempi, ho cercato di andare oltre la concezione di “sistema democratico” per lasciar spazio a delle soluzioni che potessero risollevare le sorti del nostro paese. Ho accettato il governo Monti, ho visto crollare Bersani e salire Letta con impassibilità ma oggi non avere la possibilità di esprimere la mia contrarietà ad un nuovo cambio di assetto governativo che vede il giovane Renzi ai vertici non mi va giù. Non è una questione di preferenza politica, ma di sentire violati quei valori fondamentali che rendono una nazione grande e, soprattutto, resa forte dal benessere e dalla partecipazione dei cittadini. Credo che le cose non stiano andando per il verso giusto e giustificare sempre tutto con l’emergenza – prendiamo questa maledetta legge elettorale, da quant’è che se ne parla? Fatela! – poteva andare bene la prima volta, la seconda, ma al terzo giro di boa non è più accettabile. È ovvio che, come tutti, spero che questo nuovo governo lavori bene e permetta all’Italia di rilanciarsi nel mondo non come potenza (lo è mai stata?) ma come paese civile, benestante, moderno ed europeo, che voglia investire sul futuro. Non ho interessi a dire il contrario, ci perderemmo tutti.

Ma quest’imposizione netta e schiacciante mi fa sentire come priva di potere decisionale a casa mia. E mi chiedo: questa terra su cui cammino ogni giorno rappresenta veramente tutta quella scala di valori che io esigo ci siano nella mia vita? La risposta è triste, aspra ma infinitamente chiara. L’Italia non è, ai miei occhi, il paese in cui mi piacerebbe far crescere i miei figli. L’Italia non si merita più il mio voto perché non c’è più fiducia, desiderio, speranza. Non è così che le cose dovrebbero andare e non è così che si lavora per il bene comune. La continuità è giusta e permette ad un’amministrazione di proseguire il suo buon lavoro, se già ha sfruttato appieno il tempo che gli era stato concesso. Ma in questi tempi bui non esiste più bene o male, giusto o sbagliato. Esistono solo tante imposizioni che io, ormai, non riesco più a tollerare.

Serena Savelli