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Il terremoto che ha scosso la Calabria e l’Italia: Trame chiude i battenti, ma e’ solo una pausa

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Ieri si è concluso il festival che ha radunato il meglio della cultura antimafia a Lamezia Terme, in un’intervista a Lirio Abbate la storia del progetto e gli spunti per il futuro

A Palazzo Nicotera arriva il saluto finale del Direttore Artistico del Festival, Lirio Abbate, noto giornalista dell’Espresso che da sempre si occupa di mafia
e che, insieme a Tano Grasso, ha dato vita, sostenuto e animato Trame, radunando 60 volontari da tutta Italia, organizzando 54 incontri, a cui hanno partecipato 126 tra giornalisti, docenti universitari, magistrati, sacerdoti, tutti uniti nella lotta alle mafie. È proprio Abbate che, alla chiusura del festival, da la cifra più consistente, 13.000  presenze in 5 giorni per Trame, un numero che fa emozionare e suggerisce di continuare su questa linea, sull’unione feconda tra letteratura e antimafia, la testimonianza di un impegno nuovo e dirompente.
E infatti Trame continua, soprattutto nelle scuole, partendo dalla donazione alla biblioteca comunale di Lamezia di 1.000 volumi sulla mafia e di due “valige-laboratorio” per avvicinare i giovani studenti alla lettura.
Urlo ha raggiunto Lirio Abbate per avere un racconto diretto dell’impegno nella realizzazione, per conoscere le difficoltà incontrate lungo il percorso e gli stimoli, gli aiuti concreti ricevuti.

La riovluzione di cui ha parlato è avvenuta, Trame ha colpito nel segno…
Non era mai successo di vedere nelle piazze così tanta gente ascoltare, seguire, partecipare, anche fino a notte fonda, agli incontri con magistrati, scrittori, giornalisti, quindi si, si è trattato di una rivoluzione. L’iniziativa è andata al di la di ogni aspettativa, abbiamo ottenuto un gande risultato raggiungendo tanti giovani, nonostante il periodo di esami e impegni universitari, prova ne sia l’adesione dei volontari. La riuscita di Trame testimonia il fatto che c’è una grande sete di formazione, i cittadini calebresi, quelli italiani vogliono sapere e conoscere i fenomeni criminali in modo globale. E noi abbiamo portato delle testimonianze reali, guidati dalla convinzione che la letteratura sia uno strumento fondamentale. La presenza di scrittori che si occupano di denunciare, mettendoci la firma e la faccia è stato un esempio portato in trincea, in una terra che subisce ogni giorno soprusi e umiliazioni. E questa rivoluzione dev’essere coltivata, spinta, indirizzata  affinchè  segni un capovolgimento di pensiero per la popolazione calabrese e per tutta l’Italia.

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A Torino parlò di una diversità di risposte alle mafie tra Sicilia, Calabria e Campania, dicendo che la popolazione calabrese non aveva ancora trovato un modo concreto per esprime la sua protesta. Crede che Trame abbia dato uno stimolo in più a questo processo?
In Calabria non ci osno stati stragi come in Sicilia quindi la risposta emotiva e l’adesione alla protesta non sono state altrettanto forti. Tuttavia dopo l’omicidio Fortugno c’è stata una forte reazione della società civile, si sono formate associazioni e i cittadini sono stati coinvolti nella lotta alla ‘ndrangheta. Ma i calabresi vanno ancora aiutati, soprattutto perché la ‘ndrangheta è una minoranza che intimidisce con le armi e con la paura la maggioranza della popolazione, fatta di brava gente che, nonostante tutto questo, ha dato prova di conoscere e credere in  una cultura della legalità.  Questa maggioranza ha bisogno di essere aiutata e noi abbiamo deciso di farlo portando qui le armi della cultura, andando oltre l’espressione della solidarietà, facendo cose concrete. Così si aiuta la Calabria.

Nei primi giorni ha denunciato l’assenza del Tg 3, della testata che fa informazione regionale, rimasta lontana dal festival. Per fortuna poi la Rai è arrivata. Quali ostacoli ha incontrato Trame dalla sua ideazione e chi lo ha sostenuto?
Di fatto non ci ha ostacolato nessuno. Si è trattato di una macchina autoprodotta e che è poi cresciuta grazie alla fiducia comune nella legalità, incontrando terreno fertile. Abbiamo iniziato grazie ai finanziamenti del Comune, poi solo l’Ordine nazionale dei Giornalisti si è messo a disposizione volontariamente offrendo un contributo di 3.000 euro, che ci ha consentito di pagare le spese ai volontari che sono venuti qui. Radio 24 ci ha seguito quotidianamente, impegnando palinsesto, giornalisti e tecnici e diventando il nostro media partner, garantendo una copertura mediatica enorme, fondamentale per pubblicizzare il festival e insistere sulla sensibilizzazione. Certo mi chiedo come una testata pubblica come la Rai non si sia accorta di quello che stava accadendo. I giornali nazionali hanno dedicato pagine intere al festival, le agenzie id stampa battevano
notizie in continuazione ma la Rai non è stata attenta, forse perchè non è una sagra o un convegno. È fondamentale intercettare e soddisfare la sete di informazione dei calabresi, raccontando quelo che di drammatico accade quotidianamente ma anche eventi straordinari come Trame.

I giovani hanno la possibilità di cambiare rotta in questo senso e realizzare un’informazione migliore. Quali sono i suoi consigli?
Quando ho iniziato a fare il giornalista, nel 1990, per un giornale di cronaca locale, le stragi erano ancora lontane ma c’era tanta voglia di raccontare le cose, scriverle. Poi, nel ’92 e ’93, le morti di Falcone e Borsellino hanno dato una svolta a tutti nella società, aumentando il coinvolgimento emotivo anche nel mondo giornalistico. E così, oltre agli articoli sui giornali si è iniziato a scrivere anche saggi, libri, pubblicazioni di ogni genere per raccontare le storie di mafia. Oggi guardiamo con più distacco certi fatti e non siamo più trasportati emotivamente come in quegli anni, avendo così la possibilità di fare un’analisi più lucida. Il giornalista giovane deve fare quello che sente. Se ci si occupa di informazione in Calabria non si può prescindere dalla cronaca di mafia, non si può non analizzare le cose che accadono. Il bravo giornalista racconta. Il problema è che bisogna farlo con grande accuratezza. Mi viene in mente l’apertura del festival, l’incontro con gionalisti calabresi, quando il più anziano tra loro ha esortato a ‘essere precisi’. Ecco, un valore fondante per il giornalismo deve essere sempre la precisione.

Quale futuro avrà Trame?
Con Tano Grasso tfaremo un bilancio e vedremo se ci sono le condizioni per rifarlo. Sarebbe un peccato non dargli un seguito, vogliamo lasciare una traccia. Per questo proseguirà da subito, attraverso l’impegno con le scuole e nelle scuole di Lamezia, con lo scopo di avvicinare i giovani alla lettura educandoli, nello stesso momento, alla legalità. La rivoluzione è avvenuta.

A mettere un’ipoteca sul futuro è il sindaco di Lamezia, Gianni Speranza, che, alla chiusura di Trame, senza nascondere una certa emozione ha detto: “Quest festival è entrato nel profondo dell’anima della città, in questi giorni si è respirato un clima di libertà, di partecipazione alla lotta ala mafia, rendendola una capitale dell’antimafia e quindi dobbiamo già pensare e progettare la seconda edizione”.
E lo speriamo anche noi, perché dopo aver visto l’impegno di tutti quelli che hanno lavorato per Trame, dopo aver respirato l’atmosfera unica che questo festival coraggioso è riuscito a portare fin nel cuore della Calabria, non si riesce a farne a meno. In chi ha avuto la fortuna di prendere parte a Trame si sono rafforzate alcune convinzioni ed è nato sicuramente qualcosa. È nata la volontà, che diventa esigenza, di vivere altri momenti come questi, capaci di rivelare un’Italia diversa, fantastica e forte, unita da valori inattaccabili, capace di sorridere e impegnarsi in una lotta contro le mafie e le illegalità che, da oggi, ha un altro ottimo motivo per essere combattuta da tutti

Stefano Cangiano