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Roma allagata

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Maltempo. Dovrebbe essere una parola che non fa paura, innestata nel ciclo naturale delle stagioni, per quanto bizzarre siano diventate.

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A Roma, però, questo termine presagisce disagi perpetuati per giorni e, anche in questa occasione, non ci siamo smentiti. Le recenti piogge torrenziali hanno creato una serie di disastrose conseguenze tra alluvioni, esondazioni, voragini, buche, alberi crollati e chi più ne ha più ne metta. Questo è inconcepibile. Per quanto le precipitazioni abbiano avuto carattere “eccezionale” ormai la loro tendenza è questa e, ogni anno, la storia si ripete. Dunque l’eccezionale si sta trasformando in normale e quindi bisognerebbe prendere dei provvedimenti in merito, proprio per non ritrovarsi in balia degli eventi sperando solo “che tutto finisca al più presto”. Trovo scandaloso che siano i cittadini a doversi occupare dei tombini ostruiti, delle caditoie piene di foglie, della melma che si crea per le strade. Trovo inaccettabile che gli automobilisti siano costretti a fare dei pericolosissimi slalom tra le buche perché l’asfalto implode su se stesso ad ogni nubifragio. Trovo spaventoso che gli alberi continuino a cadere rischiando – come è già successo, purtroppo – di travolgere i passanti, creando vittime innocenti e, ahimè, sempre più frequenti. 

Questa città sta diventando pericolosa per molti motivi: criminalità, malagestione dei rifiuti, poca sicurezza e varie problematiche che potrebbero essere superate e che invece appaiono come mostri insormontabili. Ed ora, a tutto questo che è già grave di per sé, si aggiunge il fatto che Roma non sappia fronteggiare le emergenze. Si è parlato di “città in ginocchio”, di “una Capitale vittima dell’acqua”, di un territorio che dovrebbe essere l’esempio, nazionale ed internazionale, di una buona gestione e che, invece, permane nell’occhio del ciclone dimostrando di non essere all’altezza del ruolo che ricopre. E non è una questione di colore politico, di ideologia, di “chi c’è stato prima e di chi è venuto dopo”. È la mentalità ad essere sbagliata, un atteggiamento di menefreghismo consolidato di cui i cittadini non hanno colpa. Anzi, quello che vedo io è che i romani sempre più si rimboccano le maniche e fanno il possibile per darsi una mano, per non far cadere la città che tanto amano nell’oblio più totale. Cittadini che capiscono che su Roma, attualmente, non si può pensare ad un progetto di rilancio se prima non vengono ripristinati i servizi essenziali che una città deve offrire ai suoi abitanti: la sicurezza, la vivibilità, la mobilità, l’impegno per un futuro migliore che parta dalle basi. Parole date in pasto al vento che, ancora una volta, restano sospese a metà, drammaticamente inascoltate.

Serena Savelli