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AMBIENTI 1956-2010: al Maxxi di Roma, la mostra immersiva che fa tornare bambini!

La mostra, disponibile fino al 20 ottobre 2024, presenta una serie di opere tridimensionali e immersive, tra arte, architettura e design, realizzate da 18 artiste internazionali

ROMA – Il Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, presenta presso i propri spazi espositivi (l’intero primo piano e la piazza antistante al museo) progettati da Zaha Hadid, la mostra Ambienti 1956-2010 Environments by Women Artists II. La rassegna romana mette in evidenza il contributo fondamentale delle donne artiste alla storia degli ambienti e rappresenta un nuovo capitolo del progetto espositivo intrapreso l’anno scorso dalla Haus der Kunst di Monaco di Baviera con Inside Other Spaces – Environments by Women Artists 1956-1976.

La mostra, curata da Andrea Lissoni, Marina Pugliese e Francesco Stocchi, riprende la ricerca tedesca ampliandone la cronologia (1956-76) fino al 2010, anno del completamento dell’edificio museale sede del Maxxi, incluso anch’esso, come un’unica grande opera immersiva, nell’elenco delle installazioni da scoprire.

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Il nuovo capitolo del progetto espositivo dedicato agli Ambienti ideati da donne – che presenta 19 installazioni realizzate per mano di 18 artiste (Nanda Vigo è l’autrice di due di esse, di cui una insieme a Lucio Fontana) – consente di esplorare alcuni nuovi aspetti critici dell’arte ambientale, mettendo in luce tematiche quali l’interazione con lo spazio pubblico, il rapporto con le nuove tecnologie e il coinvolgimento attivo dei visitatori.

Al confine tra arte, architettura e design, la rassegna presenta installazioni, “ambienti” che si attivano e vivono grazie all’interazione con il pubblico, oltre a convivere in una specie di organica continuità, facendone parte attivamente, con gli iconici spazi dinamici del museo progettato dalla Hadid.

LE ARTISTE

Sono in mostra opere di: Micol Assaël (Sleeplessness, 2003); Monica Bonvicini (Don’t Miss a Sec’., 2004); Judy Chicago (Feather Room, 1966-2023); Lygia Clark (A casa é o corpo. Penetração, ovulação, germinação, expulsão, 1968); Lucio Fontana e Nanda Vigo (Ambiente spaziale: “Utopie”, nella XIII Triennale di Milano, 1964); Laura Grisi (Vento di Sud-Est (Wind Speed 40 Knots), 1968); Zaha Hadid (MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, 2010); Aleksandra Kasuba (Spectral Passage, 1975); Kimsooja (To Breathe, 2006-24); Christina Kubisch (The Bird Tree, 1987-2024); Léa Lublin (Penetración / Expulsión (del Fluvio Subtunal), 1970); Nalini Malani (Alleyway, Lohar Chawl, 1991); Marta Minujín (¡Revuélquese y viva!, 1964-2023); Tania Mouraud (We used to know, 1970-2023); Pipilotti Rist (Sip My Ocean, 1996); Martha Rosler (If You Lived Here…, 1989-in corso); Esther Stocker (“Das Wort ‘gleichartig’ zieht unsere Aufmerksamkeit auf sich, und doch besagt es eigentlich gar nichts” (G. Frege), 2004-24); Nanda Vigo (Ambiente cronotopico vivibile, 1967); Tsuruko Yamazaki (Red (Tenda a forma di una zanzariera / Shape of Mosquito Net), 1956).

LA MOSTRA

Ad accogliere il visitatore nella Piazza Alighiero Boetti è l’opera Don’t Miss a Sec’ di Monica Bonvicini, che invita il pubblico a interrogarsi sul limite tra pubblico e privato. Alla sinistra, il Maxxi progettato da Zaha Hadid è a tutti gli effetti parte del progetto espositivo come involucro e ambiente esso stesso. Diversi sono i possibili accessi in mostra, ospitata in tutto il primo piano del museo. Il primo è la scala che sale dalla hall e che indirizza lo sguardo verso la successione di opere ambientali.

A partire dall’opera Red (Forma di una zanzariera) di Tsuruko Yamazaki, costituita da una tenda in vinile rosso sospesa che ricorda le tradizionali zanzariere utilizzate in Giappone. Nella terrazza successiva l’opera di Martha Rosler, If You Lived Here…, mette in luce questioni sociali urgenti come l’emergenza abitativa. Nella terza terrazza, A casa é o corpo di Lygia Clark è un percorso sensoriale che fa rivivere l’esperienza del concepimento e della nascita. Prima installazione partecipativa di Nalini Malani, Alleyway, Lohar Chawl, mette a confronto il quartiere popolare di Lohar Chawl, dove l’artista vive e lavora, con il quartiere signorile e alla moda di South Mumbai. The Bird Tree, importante installazione sonora di Christina Kubisch, è un grande albero composto da cavi elettrici che permette di ascoltare canti di uccelli da tutto il mondo.

Con To Breathe – nella porzione vetrata della galleria – Kimsooja rende la luce e il riflesso componenti essenziali dello spazio. Proseguendo e inoltrandosi nella Galleria 2 si incontra Ambiente spaziale: “Utopie” nella XIII Triennale di Milano realizzato da Lucio Fontana e Nanda Vigo – uno spazio rilassante in cui il visitatore può sdraiarsi, avvolto da un soffice spazio onirico – e Ambiente cronotopico vivibile, in cui l’immagine del visitatore si moltiplica all’infinito.

L’opera di Laura Grisi Vento di s.e. velocità 40 nodi coglie di sorpresa il visitatore con un forte flusso d’aria improvviso. Penetración / Expulsión di Lea Lublin tratta il tema della riproduzione umana attraverso diversi elementi, tra cui un tunnel che ricorda il cordone ombelicale.

In Sleeplessness, di Micol Assaël, il visitatore è costretto a porsi domande nella penombra di un ambiente vuoto e freddo. Al contrario, nell’area dietro l’ascensore, la torre d’acciaio We used to know di Tania Mouraud emette ultrasuoni e infrasuoni illuminata e riscaldata fino a 45 gradi. Subito all’uscita Feather Room concepita da Judy Chicago riempie lo spazio per mezzo metro in altezza con quasi 150 chili di piume.

All’uscita dell’ascensore nella Galleria 4, altro accesso possibile della mostra, la prima opera ambientale realizzata da Esther Stocker nel 2004 “Il termine ’affine’ attrae la nostra attenzione anche se in realtà non significa nulla” si dilata nello spazio, includendo pavimento, pareti, soffitto. L’opera monumentale di Alexandra Kasuba Spectral Passage offre agli spettatori l’opportunità di entrare in un arcobaleno, mentre alla sua sinistra il pavimento inclinato conduce a Sip My Ocean, ambiente video di Pipilotti Rist da cui i emergono corpi, forme e oggetti ripresi principalmente sott’acqua che si sdoppiano e si allontanano, per poi ricomporsi e scomparire nella fessura tra i due muri. Proseguendo oltre, verso il Foyer di accesso della galleria 3, nell’ambiente realizzato da Marta Minujín, ¡Revuélquese y viva! con materassi di varie forme dipinti a mano risuonano gli iconici successi senza tempo dei Beatles.

Il progetto espositivo è arricchito da Ambiènte Archìvio, un approfondimento realizzato dal Centro Archivi Arte del Maxxi che racconta al visitatore l’evoluzione della ricerca spaziale attraverso le diverse declinazioni del termine ambiente dal 1949 al 2010.

Accompagnano la mostra un programma di performance realizzate nei suoi spazi, un fitto calendario di incontri e un film screening pensati per riflettere attorno al concetto di ambiente e come questo sia stato declinato e interpretato nel tempo dalle diverse generazioni di artiste.

Annalisa Ciutti