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Draquila, l’Italia che trema

Sabina Guzzanti racconta L'Aquila, e non solo.

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Una lunga serie di eventi che disegnano uno scenario a dir poco avvilente se non sbalorditivo quella descritta dalla Guzzanti nel suo ultimo lavoro "Draquila – L’italia che trema", uscito nelle sale il 7 maggio. Le telecamere ci raccontano un terremoto aquilano diverso da quello che ci siamo abituati a vedere in televisione. Brillante la ricostruzione cronologica degli eventi che va dall'ideazione del piano C.A.S.E alla realizzazione dei moduli abitativi, passando per l'infausto spostamento del G8 dalla Maddalena a L'Aquila. Il docufilm dell'attrice romana sul sisma abruzzese non sembra aver sbancato i botteghini. Sabina Guzzanti sembra forse parlare alla sua nicchia di appassionati e a pochi altri. Vero bersaglio del lungometraggio sono la gestione del  pre e del post-catrastrofe da parte di Protezione civile e Governo. Storie di mancata prevenzione, di scelte economiche inoculate per accrescere la speculazione, la costruzione culturale di una terminologia ad hoc per l’evento sismico, l'azione mediatica a tutto campo sulla sciagura. La celebrazione di una nuova gestione dell’emergenza. Divide et impera. Come ottenere consensi e accondiscendenza attraverso la comunicazione, il controllo, la militarizzazione della città. Ma non solo. Come ottenere consensi dotandosi di mefistofeliche strategie di ammaliamento, mettendo in scena il personaggio-presidente della porta accanto, che ritorna alla sua vecchia attività, quella di imprenditore edile, costruttore di nuove casette da sogno da consegnare in persona con occhi lucidi dietro le telecamere che riprendono l’evento circense. Il film documenta l’immenso “Truman Show” in cui gli aquilani si sono ritrovati a vivere dopo il 6 aprile del 2009. Berlusconi, Bertolaso, Balducci sono solo tre dei tanti personaggi politici e faccendieri che hanno più o meno direttamente agito nella catastrofe per accrescere il proprio consenso o il proprio conto in banca. A più di un anno dal terremoto l’Aquila è ancora la città del silenzio. La Guzzanti da voce alle persone e cercando di essere bipartisan, nella sua analisi non risparmia nessuno, nemmeno il Pd, la cui tenda sempre vuota di fronte alla tendopoli di Piazza D'Armi simboleggia la mancata presenza e progettualità di un partito poco visibile e affatto radicato. Le New Town, costruite seppur tempestivamente, hanno ucciso un territorio e così anche una città, disgregando il tessuto urbano e sociale. Il quadro che si va a delineare davanti agli occhi dello spettatore è frustrante, specchio di un paese ridotto forse anch’esso a un cumulo di macerie.  Non sembra un pretesto per attaccare un governo che da anni la comica, oggi giornalista d’inchiesta, osteggia e analizza. Non si parla di idee, ma di numeri. Quelli dei conti che in molti si sono fatti già dalle 3 e mezzo di quella maledetta domenica sera di aprile. Gli aquilani quella notte non ridevano. Le interiora delle case mostrano la loro anima di ferro e cemento. Fuori concorso al Festival di Cannes, dipinge un paese difficile, ritessendo le trame di una storia che si incastra nella nuova sessione di indagini nazionali. Il percorso narrato nel film va dalla mancata prevenzione al comando e al controllo, perseguiti nella loro essenza totalizzante, in barba alla legge e ai diritti civili, soprattutto a uno, quello di poter scegliere il destino della propria città.

Flavia Cappadocia