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Il Macro si svuota delle sue eccellenze

macro interno

Il Macro si svuota di mostre, soldi e personale. È davvero la fine per il polo di arte contemporanea romano?

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Un calo delle visite pauroso, la mancanza di una dirigenza fissa, gli sponsor che potrebbero scappare da un momento all’altro, la critica feroce e continua degli esponenti del mondo dell’arte, una programmazione labile e, ulteriore colpo di grazia, il probabile mancato rinnovo contrattuale di molti dei dipendenti altamente qualificati all’interno del polo museale. Si parla ancora, e purtroppo non a tinte rosee, della drammatica situazione del Macro, il museo di arte contemporanea “bifronte” dislocato con le sue due sedi tra Testaccio e Salario-Nomentano. 

Se nel 2013 la situazione non era buona, ora è decisamente grave e sotto tanti punti di vista. In primis ancora non si è scelto il nuovo dirigente del museo, ruolo oggi ricoperto ad interim da Alberta Campitelli che dovrebbe rimanere fino al 30 aprile. Più volte nel mondo dell’arte si è sentita la necessità di richiamare l’attenzione su questo “scandalo”: c’è necessità di un direttore competente e professionalmente ineccepibile, proveniente dal mondo dell’arte, in grado di dare vigore e innovazione alle attività del Macro. Ma questa mitologica figura ancora non si è trovata, nonostante da ottobre l’Assessore alla Cultura capitolino, Flavia Barca, sventata l’ipotesi che il museo divenisse mero luogo di eventi gestito come una costola degli uffici comunali, quindi da personale non qualificato, abbia più volte assicurato un bando per l’elezione di una dirigenza d’eccellenza. Il bando ovviamente non c’è stato e c’è di più. Dall’Huffington Post apprendiamo che la nomina sarà comunale e non più attraverso gara perché quest’ultima era solo un’ipotesi e si agirà in tempi strettissimi. Purtroppo non abbiamo risposte dirette dell’Assessore Barca al momento in cui scriviamo, poiché non ha risposto alle nostre domande.

Oltre alla questione del nuovo direttore c’è un altro problema sostanziale, la cui soluzione trovata appare in linea con le ultime notizie sul bando di gara: molti contratti, una quindicina, del personale altamente qualificato interno al Macro sono scaduti il 28 febbraio scorso e probabilmente la maggior parte, se non tutti, non verranno rinnovati. La stessa Maria Bonmassar, capo ufficio stampa, ha lasciato da qualche settimana il suo incarico, informando con un messaggio di congedo i suoi contatti. Anche qui l’Assessore Barca ha rilasciato dichiarazioni alla stampa che convergono verso la rassicurazione generale: la Sovrintendenza comunale invierà presto sostituti altrettanto qualificati. La paura è quella che il personale d’eccellenza di cui si fregiava il Macro possa essere rimpiazzato da funzionari comunali non competenti in materia. Lo stesso terrore che, qualche tempo fa, si aveva per la sorte del nuovo direttore. Una malagestione distruttiva raccontata in una splendida quanto amara lettera di Bartolomeo Pietromarchi, ex dirigente del Macro, apparsa su Repubblica, in cui spiega come “un museo del contemporaneo vive sulla velocità delle decisioni e sulla costruzione della sua credibilità nel tempo attraverso la qualità e la continuità. Uno stop di nove mesi per un giovane museo come il Macro bastano a distruggere la credibilità raggiunta e vanificare l’enorme sforzo di risorse sia economiche che umane messe in campo. Sponsor, staff, collaborazioni internazionali, associazioni degli amici e molto altro si sono dispersi creando un danno al patrimonio pubblico che vi ha investito e a quello privato che vi ha creduto”. E già da questa consapevolezza appare chiara la diversa visione tra chi è anima e corpo nel mondo dell’arte e chi non lo è. Parlando del bando (accantonato? Per ora non ne abbiamo la certezza) Pietromarchi ha aggiunto: “Sento parlare di un concorso per il direttore. Mi risulta difficile capire su quale base sarà fatto. Concorsi di questo tipo vengono indetti sulla base di alcuni elementi fondamentali che garantiscono continuità e indipendenza: una commissione di alto profilo scientifico, un budget triennale, autonomia di gestione. Tali organismi servono a garantire l’equilibrio tra pubblico e privato e la trasparenza e la correttezza dei processi decisionali. Auspico tali condizioni per questo concorso che rischia di essere una copertura per decisioni già prese”. Insomma, tutto ciò che riguarda il grande polo museale romano resta immerso in un’atmosfera di grande vaghezza. E intanto il tempo passa e l’arte, che è come un fiore che va curato minuziosamente, muore. E gli sponsor privati, che di questi tempi sono linfa vitale della cultura, non solo a Roma, si allontanano: il Macro, rispetto al Maxxi e al Palaexpo, ha subito un calo di ingressi esponenziale nell’ultimo anno, ma sono state le due installazioni gratuite a realizzare il massimo numero di visite rispetto alle mostre in corso, ovvero Big Bambù e Harmonic Motion, entrambi di Enel contemporanea, sponsor del Macro ormai da tempo. Questo è un dato di fatto e tale è l’importanza di non lasciar scappare i partner privati con una gestione frammentaria su cui non ha senso investire. Ed è importante, per una città come Roma, dare nuova linfa alla cultura, un tema su cui, ormai, si tende ad investire sempre meno.

Serena Savelli