
Salendo la collina del Pincio, ma anche percorrendo in macchina viale del Muro Torto, che taglia Villa Borghese, si scorge sia una facciata bianca sia un muro alto e grezzo, che è semplicemente la tecnica edilizia dell’opera reticolato.
Entrambe le visuali appartengono ai confini architettonici di Villa Medici, un complesso non molto conosciuto che cela tanti tesori culturali che attraversano secoli di storia romana.
La storia di questo complesso architettonico inizia con Lucio Licinio Lucullo, militare e poi politico romano che visse meno di cento anni prima della nascita di Cristo. Lucullo decise di erigere la propria villa in questo spazio dove sorsero i famosi horti luculliani, il cui complesso era in un rione della regio augustea, un’antica versione dei quartieri e municipi della Roma latina. Gli horti occupavano i terreni scoscesi tipici delle odierne zone del Pincio e di Piazza di Spagna. Come molti altri horti dell’Urbe, il parco di Lucullo era pieno di piante, fiori, alberi e siepi modellate con forme geometriche e di natura fantastica e di fontane. L’opera e l’ingegno di Lucullo, dei suoi architetti e degli artisti furono d’ispirazione per molti altri uomini del panorama aristocratico di Roma, come per lo storico e politico Sallustio, contemporaneo di Lucullo.
Questo parco luculliano, dedito ai piaceri e agli ozi dei politici e aristocratici romani, fu la base di partenza per Villa Medici, appartenuta a Ferdinando I de’ Medici nella seconda metà del XVI secolo. Ferdinando era uno degli ultimi figli del fiorentino Cosimo I de’ Medici e della nobildonna spagnola Eleonora di Toledo, eppure le sue ambizioni politiche erano alte. Inizialmente divenne cardinale e, anche se aspirava a diventare il nuovo Papa, dovette poi accontentarsi di tornare a Firenze e della carica di Granduca di Toscana nel 1587 alla morte del fratello maggiore Francesco I.
Quando il terreno della futura Villa Medici venne comprato da Ferdinando, questo decise di continuare alcuni lavori di restauro dell’originale casina di campagna che erano stati iniziati da Annibale Lippi e ora in mano a Bartolomeo Ammannati. Le torri dell´edificio divennero due, per dare una maggiore armonia al complesso, e in facciata vennero applicati dei lastroni di diverse epoche romane, due dei quali provenienti dai laterali dell’altare augusteo dell’Ara Pacis, in linea con l’arte rinascimentale che assistette al ritorno del gusto classico.
Gli odierni giardini hanno ancora un respiro rinascimentale in quanto sono curati e mantenuti quanto più simili al periodo in cui Ferdinando utilizzò la disposizione dei giardini all’italiana: alte siepi a dividere spazi di erba verde molto curata, giochi d’acqua e fontane, labirinti e angoli segreti. Questi giardini vennero anche utilizzati per feste o per piccole battute di caccia, infatti l’intera villa si sviluppa su una superficie di circa sette ettari. Gli edifici, invece, oltre ad ospitare Ferdinando, la moglie ed eventuali ospiti, erano un luogo di conservazione della grandissima collezione artistica di Ferdinando stesso che era un mecenate per gli artisti; una collezione così pregiata che alcuni quadri e statue sono in mostra alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Successivamente, dal 1803, venne insediata nella Villa, anche per rendere omaggio alla vocazione artistica di questo luogo, l’Accademia degli artisti di Francia a Roma (dapprima ospitata nei pressi del Gianicolo), aperta a tutti gli artisti dal mondo selezionati per curriculum e qualità del progetto che vogliono realizzare. L’accademia nacque nel 1666 ed era finanziata dai mecenati aristocratici francesi che volevano dare l’opportunità ai loro protetti di stare a contatto con l’arte e la cultura italiana per produrre opere sempre più raffinate.
Veronica Loscrì