
Dopo oltre venticinque anni di promesse, rinvii e degrado, tornano a circolare notizie su una possibile riqualificazione dell’area degli ex Mercati Generali di Roma. Ma il condizionale, in questo angolo di Ostiense sospeso nel tempo, resta comunque d’obbligo. Ed è proprio il tempo (troppo, troppo tempo) ad aver sepolto non solo ambizioni urbanistiche e visioni architettoniche, ma anche la memoria di due uomini che in quel luogo vissero, lottarono e furono infine uccisi per la libertà di tutti.
All’interno dell’area dismessa, su uno degli edifici amministrativi affacciati sui binari della Metro B, si intravede ancora – se si aguzza la vista dal ponte Spizzichino – un’epigrafe in marmo. È dedicata a Giuseppe Cinelli e Salvatore Petronari, due figure centrali della Resistenza romana, attive proprio in quel quadrante popolare e operaio che tra Garbatella, Testaccio e l’Ostiense fu fucina di antifascismo e coraggio. L’ultima volta che ho potuto vedere questa targa da vicino è stato durante una visita al cantiere organizzata con l’allora Sindaco Marino e l’Assessore Caudo, quando la ripartenza dei lavori sembrava cosa fatta. Purtroppo da allora non ho più potuto guardare da vicino l’epigrafe e i volti scolpiti di Cinelli e Petronari. Oggi quella targa resta invisibile, inaccessibile, dimenticata dentro un cantiere-fantasma che ha sottratto alla città non solo uno spazio urbano, ma anche un pezzo della sua storia.
Giuseppe Cinelli, nato nel 1902, era un calzolaio appassionato e un fervente antifascista. Le continue intimidazioni del regime lo costrinsero a rinunciare al suo mestiere e a trovare lavoro come facchino ai Mercati Generali, dove divenne presto una figura attiva nel Soccorso Rosso, l’organizzazione clandestina che supportava i partigiani con viveri e munizioni. Membro del PCI e impegnato nella VII zona dei GAP, Cinelli fu arrestato il 22 marzo 1944. Portato a Regina Coeli e poi a via Tasso, fu infine giustiziato alle Fosse Ardeatine, insieme al fratello Francesco. Alla loro memoria sono oggi dedicate pietre d’inciampo e targhe in via Rubino, dove abitavano, e nell’ex Italgas, dove Francesco lavorava.
Diversa ma altrettanto intensa la parabola di Salvatore Petronari, detto “l’avvocatino”, residente a Testaccio e antifascista fin da giovanissimo. Segnalato dalla polizia fin dal 1921 come anarchico e militante negli Arditi del Popolo, aderì al Partito Comunista e visse numerosi arresti, confinamenti e denunce per vilipendio al regime. Combattente a Porta San Paolo, animatore dei GAP, ogni 7 novembre (anniversario della Rivoluzione russa) riempiva le vie dell’Ostiense di scritte e manifesti antifascisti. Arrestato dalle SS nel novembre del 1943, fu tradotto in via Tasso e ucciso il 20 gennaio 1944 al Forte Bravetta. Un dettaglio non secondario: l’epigrafe che lo ricorda, all’interno degli ex Mercati Generali, riporta erroneamente il Forte Boccea come luogo della sua esecuzione.
Il caso dell’epigrafe dimenticata è emblematico del modo in cui la memoria storica viene spesso sacrificata sull’altare dell’immobilismo amministrativo. Non una cerimonia, non una corona, non un discorso in onore di quei due uomini. Per decenni, la targa è rimasta nascosta, irraggiungibile, mentre il cantiere degli ex Mercati Generali diventava il simbolo di una riqualificazione mai avvenuta, e con essa, di una rimozione collettiva.
Eppure, quei nomi scolpiti nel marmo raccontano più di quanto si creda. Parlano di una resistenza fatta di operai, di facchini, di piccoli artigiani, di quartieri popolari che pagarono un prezzo altissimo per la libertà dell’Italia. Parlano di un Ostiense combattivo, con le officine della Romana Gas che producevano tubi per l’esplosivo e chiodi a tre punte per forare le gomme degli autocarri tedeschi.
Oggi che si torna a parlare di un possibile rilancio dell’area, è doveroso che il progetto includa un recupero anche della memoria. Che quella targa venga finalmente riportata alla luce, restaurata, raccontata. Che diventi parte integrante del nuovo volto del quartiere, perché non ci può essere futuro urbano senza una piena consapevolezza del passato.
Il caso dell’epigrafe dei Mercati Generali ci ricorda che la memoria non è mai solo un atto simbolico. È uno spazio fisico, un volto, una storia concreta. E quando viene nascosta o trascurata, qualcosa si spezza nel tessuto stesso della città. Giuseppe Cinelli e Salvatore Petronari meritano più di un ricordo dimenticato nel marmo: meritano di tornare, visibili e presenti, nella Roma per cui hanno lottato e dato la vita. E Roma, in cambio, ha il dovere morale di restituire loro la parola.
Leonardo Mancini














