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Il 24 giugno e la Chiesa di San Giovanni Decollato

Anche quest’anno purtroppo ho saltato l’appuntamento con il 24 giugno. Sono alcuni anni che cerchio sul calendario questa data, ma impegni e contrattempi mi impediscono sempre di tener fede ad una promessa che mi sono fatto. Ormai cinque o sei anni fa mi trovai a passare di fretta davanti la Chiesa di San Giovanni Decollato, al civico 22 dell’omonima via, a pochi passi dalla Bocca della Verità. Incuriosito dall’andirivieni di gente chiesi ad una persona cosa fosse successo e questa mi spiegò che era in attesa della processione della confraternita. La fretta mi fece scappare via, ma tempo dopo ho avuto modo di documentarmi. Aver perso la possibilità di assistere a questo evento però mi fece promettere che sarei tornato.

Andiamo per ordine. Nel 1490, Papa Innocenzo VIII, con una bolla pontificia ufficializza la fondazione dell’Arciconfraternita di San Giovanni Decollato di Roma, avvenuta in realtà un paio d’anni prima, l’8 maggio del 1488. I fini di questo sodalizio furono chiari fin da subito: i confratelli si sarebbero occupati del conforto ai condannati a morte. L’Arciconfraternita venne infatti fondata da alcuni fiorentini residenti a Roma, probabilmente memori dell’esperienza della Compagnia di S. Maria della Croce al Tempio, nata a Firenze nel 1355, con i cosiddetti Battuti Neri che avevano lo stesso scopo. Così all’Arciconfraternita venne affidata la chiesa ai piedi del Campidoglio che venne distrutta nel 1727 e ricostruita nel 1888.

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I confratelli assistevano i condannati a morte nei loro ultimi momenti di vita, per poi ricomporre le salme e seppellire coloro che si erano pentiti in fosse comuni nel chiostro della chiesa (che sono tutt’ora visibili). Le fosse sono sette (sei per gli uomini e una per le donne) e sono coperte da chiusini in marmo sui quali è vergata la dicitura latina “Domine cum veneris judicare, noli me condemnare”, cioè “Dio, quando verrai a giudicare, non mi condannare”. Coloro che non si pentivano delle loro malefatte nemmeno in punto di morte, pure essendo assistiti dai confratelli, non avevano però la possibilità di riposare nel chiostro, e venivano sepolti in aperta campagna.

Ora arriviamo al 24 giugno e alla processione a lume di candela che, anche quest’anno, ho perso. È in quella data infatti, nel giorno del santo patrono dell’Arciconfraternita, che i corpi sepolti nelle fosse vengono benedetti. Ma oltre alla speranza ultraterrena, data dal pentimento del condannato, l’Arciconfraternita rappresentata anche una speranza molto più materiale, quella di una grazia in extremis. Infatti nel 1540 papa Paolo III le accordò la possibilità di liberare un condannato a morte all’anno in occasione della festa del Santo, sempre il 24 giugno. Questo avveniva con l’estrazione di alcune fave (bianche e nere) da un’urna tutt’ora conservata all’interno del Museo della Camera Storica, attualmente non visitabile. Questo caratteristico museo (che assieme al complesso della chiesa sarebbe stato aperto lo scorso settembre per una visita straordinaria) contiene diversi reperti interessanti che raccontano la vita dei confratelli e la storia delle esecuzioni a Roma. Oltre all’abito che veniva fatto indossare al condannato graziato grazie all’intervento dei confratelli, sono state raccolte anche alcune funi utilizzate durante le esecuzioni e le ceste utilizzate per contenere le teste dei decapitati. Tra queste si dice sia conservata anche quella utilizzata per il capo di Beatrice Cenci, della quale è stato raccolto anche l’inginocchiatoio della sua ultima preghiera. Tra i reperti del museo ci sono anche sacchi, cappucci e le immagini religiose che i confratelli facevano baciare ai condannati nel tragitto verso il patibolo, oltre ai preziosissimi registri con i nomi dei giustiziati.

Un’informazione molto presente in rete, per la quale ci sono anche diverse smentite, è che il museo contenga anche degli effetti personali di Giordano Bruno. Questo purtroppo non è vero, dato che essendo stato condannato come eretico venne arso vivo senza alcuna assistenza da parte dei confratelli. Infine c’è da notare che nei secoli non sono mancati nemmeno i confratelli illustri, infatti l’Arciconfraternita annovera tra i suoi membri Michelangelo Buonarroti, Giorgio Vasari, il card. Roberto Bellarmino (proclamato Santo nel 1930), nonché Papa Clemente VIII, Papa Urbano VIII e Papa Clemente XII.

Leonardo Mancini