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Il museo delle anime del Purgatorio

Il museo delle anime del Purgatorio nella Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio.


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Questa piccola chiesa, situata nel cuore della Roma papale in Lungotevere Prati a due passi dal “Palazzaccio”, da Castel Sant’Angelo e da S. Pietro, è anche chiamata dai cittadini “il piccolo Duomo” per l’architettura neogotica che richiama la celebre Basilica milanese. La sua edificazione risale al 1893 quando padre Vittore Jouet acquistò un ampio terreno edificabile sul lungotevere Prati. Tra il 1894 e il 1917 iniziarono i lavori per la costruzione della chiesa su progetto dell’architetto Giuseppe Gualandi. Costruita in stile gotico, ha una caratteristica facciata irta di guglie e l’interno a tre navate è ricco di arredi preziosi e di particolari decorazioni. Ma ciò che rende questo piccolo edificio di culto ancor più misterioso è la presenza al suo interno del “Museo delle Anime del Purgatorio”. La sua istituzione risale ad un avvenimento specifico: il 15 settembre 1897, sull’altare addobbato per una funzione religiosa in suffragio delle anime del Purgatorio, scoppiò un incendio. Dopo che l’incendio fu domato, padre Vittore Jouet notò qualcosa di strano su una parete dietro l’altare. Forse era stato uno scherzo del fuoco, ma il fumo aveva tracciato un disegno a dir poco scioccante: sembrava un volto, un volto dall’aria mesta e malinconica. Il parroco giunse ad una conclusione: era un defunto che cercava di mettersi in contatto con i vivi, un’anima in pena, un condannato a soggiornare in Purgatorio. Da questo episodio ebbe inizio la raccolta di testimonianze del “Museo delle Anime del Purgatorio”. Il religioso cominciò a cercare altre apparizioni del genere. Le ricerche furono lunghe e complicate ma, dopo qualche anno, padre Jouet riuscì a raccogliere parecchie curiose testimonianze che sembravano confermare la sua ipotesi: le anime del Purgatorio si manifestavano ai vivi per chiedere preghiere e messe per rendere più agevole il passaggio in Paradiso. Risultano molto interessanti alcuni episodi “studiati” dal religioso: il 21 dicembre 1838, Giuseppe Stitz stava leggendo un libro di preghiere quando una mano si stampò sulle pagine. Il soggetto dichiarò, inoltre, di sentire una presenza insolita nella stanza, un soffio di aria gelata, nonché una voce. Si trattava, a suo dire, della voce del fratello morto da poco, che chiedeva di far recitare qualche messa per abbreviare la sua sosta in purgatorio. La notte tra il 5 e il 6 giugno 1864, suor Margherita del Sacro Cuore ebbe un’apparizione. La donna si trovava nel proprio letto quando apparve un’ombra indistinta che si fece via via più nitida: era suor Maria, defunta da non molto. La presenza, vestita con l’abito delle clarisse, sembrava disperata. Spiegò a suor Margherita che quando era in vita aveva peccato gravemente, desiderando la morte per sottrarsi al dolore della malattia che la tormentava. Per questo avrebbe dovuto passare vent’anni in Purgatorio. L’apparizione chiese delle preghiere per affrettare il passaggio in paradiso. Per convincere suor Margherita il fantasma lasciò un’impronta di fuoco sulla federa del cuscino. Il 1 novembre 1731, la madre badessa delle Clarisse di Todi ricevette la visita del fantasma di padre Panzini, abate di Mantova. In questo caso due impronte di fuoco furono lasciate sulla tonaca della religiosa e sulla sua camicia. Altre impronte, poi, furono lasciate dal religioso “passato a miglior vita” su fogli di carta e su una tavoletta di legno, su cui rimase anche l’impronta di una croce. Ancora, nel 1814, Margherità Demmerlè di Metz ricevette la visita della suocera morta da trent’anni, che le chiese di compiere un pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Marienthal. Dopo aver esaudito la richiesta del fantasma, Margherità ricevette ancora la visita della suocera che la ringraziò e le lasciò un “ricordino”, un’impronta di fuoco sulla veste. Queste sono solo alcune delle “testimonianze” presenti all’interno del museo, che si può visitare tutti i giorni dalle 10 alle 12:30 rivolgendosi direttamente alla sagrestia della chiesa.

Emanuela Maisto