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La Basilica dei SS. Giovanni e Paolo al Celio

La famosa Basilica e i misteri del suo labirinto sotterraneo.

Venne eretta nel 398 dal senatore Bizante, o forse da suo figlio Pammachio, sul sito di un antico edificio databile tra il I e il III secolo d.C., utilizzato prima come domus ecclesiae da una comunità cristiana e poi divenuta sepoltura dei martiri Giovanni e Paolo. La basilica sorge sulla piazza omonima del Celio e rievoca i due martiri, ministri di Costantino, decapitati da Giuliano l’Apostata. L’antica basilica fu devastata in diverse circostanze: venne danneggiata dai Visigoti di Alarico I durante il sacco di Roma nel 410, poi da un terremoto nel 442 e venne infine saccheggiata dai Normanni nel 1084. Papa Pasquale II, tra il 1099 e il 1118, ne promosse i lavori di restauro e vi aggiunse il campanile e il portico, che sostituì l’originario nartece. L’edificio fu continuamente rimaneggiato nei secoli successivi. Notevoli gli interventi promossi nel 1715 dal cardinale Fabrizio Paolucci, per cui l’edificio ha assunto l’attuale fisionomia; poi nel 1951, quando il cardinale Francis Joseph Spellman ne fece ripristinare la facciata paleocristiana. La Chiesa oggi possiede al suo interno la tomba di San Paolo della Croce, ed è officiata dai padri Passionisti. I resti più visibili dell’antica Basilica sono le colonne che fiancheggiano i pilastri e il pavimento. Magnifico l’affresco del 1255 dietro l’altare della navata sinistra, rappresentante Cristo in trono fra i sei apostoli. Nell’abside si può ammirare il Cristo in gloria del Pomarancio e nell’altare maggiore, in un’antica vasca in porfido, sono conservate le reliquie dei santi titolari. Ma la cosa più celebre è il labirinto dei suoi sotterranei. In fondo alla navata destra è l’accesso a questi ambienti ipogei, scoperti nel 1887 da Padre Germano da San Stanislao, all’epoca rettore della basilica, che cercava la tomba dei martiri Giovanni e Paolo. Trovò 20 ambienti dipinti, appartenenti ad almeno cinque edifici diversi, che costituiscono uno dei complessi residenziali di età romana meglio conservati giunti fino a noi ed è uno dei migliori esempi di domus ecclesiae con affreschi originari. Questi ambienti sono composti da una casa romana con caratteristiche nettamente pagane, da un’altra casa del primo periodo del Cristianesimo (probabilmente dimora dei due santi) e da un oratorio alto-medievale. Quest’ultimo dimostra che i sotterranei furono visibili e venerati come luogo sacro anche dopo la costruzione della basilica sovrastante. Furono poi dimenticati e riempiti di terra per essere riscoperti solo nel 1887. Il labirinto sotterraneo offre una sensazione quanto mai singolare: scalette ripide, corridoi strettissimi, sale, cunicoli e stanzette si susseguono, illuminate da affreschi ancora ben visibili risalenti al III secolo d.C. Si possono ammirare eleganti figure e deliziosi amorini che scivolano in barca sul mare o sul lago; altrove, motivi geometrici si alternano alle figure di animali e uccelli variopinti. L’oratorio ha finte decorazioni marmoree ed è collegato al “triclinium” (locale in cui veniva servito il pranzo nelle case degli antichi romani) dove gira sulle pareti un affresco con geni alati che sostengono festoni di fiori. In fondo all’oratorio, nell’antico “tablinum” (stanza nella quale si ricevevano gli ospiti) si sale su una scaletta che porta alla “Confessio”, minuscola stanzetta integralmente affrescata, con raffigurazioni non ancora chiare nel loro significato. In questo piccolo ambiente, sulla parete di fondo, si apre la “fenestrella confessionis”, una piccola apertura che si affaccia su un pozzo dal quale furono estratte le reliquie dei santi.

Emanuela Maisto

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