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Le sibille, profetesse del dio Apollo. Curiosità e leggende

Le sibille erano, nella mitologia greca e romana, delle profetesse vergini ispirate dal dio Apollo. Predicevano il futuro attraverso gli oracoli formulando responsi, in forma breve e ambigua, che lasciavano spesso adito a svariate interpretazioni.

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Godettero di grande prestigio nel mondo antico, sia greco che romano. Il modo di dire essere una sibilla infatti si usa oggi in modo scherzoso per indicare una donna che fa profezie, che prevede il futuro. Più comune è l’aggettivo sibillino che significa oscuro, misterioso.
Furono straordinariamente longeve, vivevano fino a 1000 anni infatti si dice avere gli anni della Sibilla per essere vecchissimo, caduto ormai in disuso. Di sibille ve ne sarebbero state una decina, le più note erano quella di Delfi e quella di Cuma.
L’antro di quest’ultima si trova nel parco archeologico Cuma, a Pozzuoli, in provincia di Napoli, ed è famosa tra l’altro perché, secondo la leggenda, avrebbe realizzato i Libri Sibillini, una raccolta di profezie che vendette, sotto le sembianze di una vecchia straniera, a Tarquinio Prisco.
Virgilio scrive nell’Eneide che la sibilla cumana scriveva i suoi responsi su foglie che il vento scompigliava e che quindi erano difficile da riordinare per comprenderne il significato.
Si dice anche dare risposte sibilline ossia risposte enigmatiche, ambigue che si prestano a due o più interpretazioni. Tali erano infatti le risposte delle sibille come un po’quelle di tutti gli indovini. Una di queste risposte è il famoso ibis redibis non morieris in bello che variando la punteggiatura può voler dire “andrai, non tornerai, morirai in guerra” oppure “andrai, tornerai, non morirai in guerra”. La frase riportata da fra Alberico nella Cronaca (XIII secolo) è attribuita alla Sibilla.
Tale episodio ha dato origine al detto essere un ibis redibis ossia una frase oscura o ambigua.

Massimiliano Liverotti