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Quanti mesi contavano i romani?

De riffa o de raffa anche il 2018 è giunto al termine e ci si prepara a salutarlo per inaugurare il 2019. Se ci soffermassimo a elencare gli ultimi mesi dell’anno, noteremmo che esiste all’orecchio un’apparente inesattezza: settembre si riferirebbe a un settimo mese, ottobre a un ottavo, e così anche novembre e dicembre, ovvero a un nono e decimo mese. Eppure queste mensilità corrispondono oggigiorno al nono, decimo, undicesimo e dodicesimo mese. Questo significa che gli antichi romani non sapevano contare? O che hanno dato i nomi ai mesi casualmente, pescandoli da un bussolotto di argilla? La risposta, ovviamente, è no, nulla è stato lasciato al caso. Questa strana nomenclatura dei mesi, infatti, corrisponde a un adattamento e rimaneggiamento dei calendari da parte della Roma repubblicana attraverso delle riforme, fino alla metà del I secolo a.C.
Partendo dal principio e dalla tradizione, il fondatore di Roma, Romolo, istituì il primo calendario di soli dieci mesi: Martius (dedicato a Marte), Aprilis (dedicato a Venere) , Maius (dedicato a Maia), Iunius (dedicato a Giunone), Quintilis (quinto mese), Sextilis (sesto mese), September (settimo mese), October (ottavo mese), November (nono mese) e December (decimo mese). Ognuno di essi aveva trenta o trentuno giorni. I romani sapevano che c’era ancora uno scarto di circa 60 giorni tra dicembre e marzo e, semplicemente, non se ne curarono, contando quei giorni senza assegnarli ad alcun mese o settimana.
Secondo alcune fonti, come lo storico Tito Livio, si deve alle riforme di Numa Pompilio, secondo re di Roma fino al 673 a.C., l’aggiunta di Lunarius (gennaio, dedicato a Giano) e Februarius (febbraio, il mese delle febbri, in cui ci si purifica grazie all’influenza) dopo il decimo mese.
Arriviamo, infine, all’ultima grande modifica voluta e realizzata da Giulio Cesare, con l’introduzione del Calendario Giuliano nel 46 a.C., quando decretò che l’inizio dell’anno fosse il primo gennaio e non più il primo marzo. Gli imperatori successivi cambiarono il nome del quinto e del sesto mese: Iulius (luglio, dedicato a Giulio Cesare) e Augustus (agosto, in memoria di Ottaviano Augusto). Inoltre, con queste modifiche, ci fu un primo approccio a un calendario solare, come il gregoriano odierno, che è organizzato in base alle stagioni, mentre i precedenti erano lunari, ovvero si basavano sulle fasi della luna. Nello specifico, i giorni più importanti del mese erano tre: le “calende”, parola da cui deriva il termine “calendario”, erano il primo giorno del mese e della luna nuova. Le “none”, che cadevano il quinto e il settimo dì del mese, erano il primo giorno della mezza luna. Infine, le “idi” erano il primo giorno di luna piena e cadevano il tredici o il quindici del mese.
Inoltre il calendario gregoriano ci aiuta anche nella nomenclatura dei giorni. Oggi sono usati i numeri, mentre gli antichi romani indicavano quanti giorni mancassero alle none, alle idi e alle calende. Per esempio, se le idi cadevano il quindicesimo giorno di marzo (che ne ha trentuno), il sedicesimo e il diciassettesimo giorno erano chiamati rispettivamente “il giorno dopo le idi di marzo” e “il sedicesimo giorno prima delle calende di aprile”.

Veronica Loscrì

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(Reperto in fotografia: Museo della Civiltà Romana)