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Letterature. Michele Mari – Wilbur Smith

Fori_Imperiali

Un evento speciale a Roma, con le storie di due grandi autori della letteratura di oggi.

 

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Martedì 21 giugno, nello splendido scenario della Basilica di Massenzio, sono saliti sul palco Michele Mari e Wilbur Smith per la penultima serata di “Letterature”, un evento speciale a Roma, ideato e diretto da Maria Ida Gaeta, direttrice della “Casa delle Letterature” e con la regia di Fabrizio Arcuri, che giunge quest’anno alla sua decima edizione. L’autore e critico italiano Michele Mari ha aperto l’appuntamento leggendo due brevi racconti inediti, pensati ad hoc per la serata, sullo spirito di affabulazione, cioè su quella disposizione che richiede non solo ispirazione e invenzione, ma anche tenuta, respiro, “vena”. Nato nel 1955 a Milano, docente di Letteratura italiana all’università, Mari ha raccontato una letteratura in cui storia immaginata e storia vulgata si mischiano, dove “gli autori più fantastici e smisurati sono autori di mostri” e restituiscono “brandelli di carne”, narrando cose indicibili, innominabili. Perché “non esiste l’angoscia di Gadda da una parte e la scrittura di Gadda dall’altra, ma la scrittura è la forma della sua angoscia”. Per Mari scrivere è una vocazione tra vita, realtà, esperienza e invenzione, sogni, trasfigurazioni, accompagnata dalla consapevolezza che “tutti i veri artisti succhiano la vita degli altri”.

 

Tracciando una biopsichica dell’ispirazione, contro l’idea che sia qualcosa di sovracostruito, Mari ha voluto rappresentare l’ispirazione come un riflesso fisiologico diretto, con due racconti pubblicati nel prossimi libro, che uscirà nel 2012: “Il patrimonio del popolo tedesco”, una conversazione tra i due fratelli Grimm più uno, quello sconosciuto, nascosto; “Villa Diodati” abitata da protagonisti d’eccezione come Byron e Shelley, ma anche dal medico di Byron, il dottor Polidori, e la promessa sposa di Shelley, seduti davanti ad un camino in un lugubre edificio per un insolito torneo letterario. Curatore di classici antichi e moderni, autore di diversi libri di narrativa tra i quali “Di bestia in bestia” (Longanesi 1989), “Io venìa pien d’angoscia a rimirarti” (Longanesi 1990; Marsilio 1998), “Euridice aveva un cane” (Bompiani 1993; Einaudi 2004), “Tu, sanguinosa infanzia” (Mondadori 1997; Einaudi 2009), “Rondini sul filo” (Mondadori 1999), “Verderame” (Einaudi 2007), “Rosso Floyd” (Einaudi 2010), di fumetti tratti da Ariosto, Foscolo e Calvino, pubblicati dall’editore Portofranco (“I sepolcri illustrati”, 2000) e dalla rivista “Il Caffè Illustrato” fra il 2000 e il 2004, Mari ha scritto anche magnifiche poesie raccolte in “Cento poesie d’amore a Ladyhawke” (Einaudi 2007) e un taccuino illustrato “Milano fantasma” (EDT 2008). Ha collaborato alle pagine letterarie del “Corriere della Sera” e del “Manifesto”, e a diversi programmi culturali di RadioDue e RadioTre: una serie di interventi collezionati nel volume di saggistica letteraria “I demoni e la pasta sfoglia” (Quiritta 2004; nuova edizione Cavallo di Ferro 2010). Accanto a Mari, il più popolare e celebre maestro della letteratura d’avventura Wilbur Smith ha letto un suo testo inedito dal titolo “In origine era la parola e La parola era Dio”, un racconto che riguarda il padre: “Ho avuto la fortuna di nascere in Africa, forziere di storie, che non basterebbe una vita per raccontarle tutte”.

Nato nel 1933 appunto nella Rhodesia del Nord, l’attuale Zambia, da genitori inglesi, trascorre l’infanzia nel ranch del padre e solo successivamente si trasferisce a studiare in Sudafrica. Dopo una laurea in scienze commerciali, lavora nelle miniere d’oro, sui pescherecci a strascico, sulle baleniere, come impiegato contabile del fisco, sposandosi quattro volte. Dopo la morte della terza moglie Danielle, oggi Wilbur Smith vive a Londra, insieme alla sua ultima moglie Mokhiniso, una giovane nativa del Tagikistan. Profondo conoscitore della storia sudafricana, oltre all’inglese parla l’Afrikaans, lo Zulu ed altri dialetti africani.

Il primo tentativo letterario dello scrittore fu un vero un disastro, tutti gli editori sudafricani ed europei si rifiutarono di pubblicare il suo primo romanzo e Smith decise allora di applicarsi esclusivamente alle sue passioni: la foresta, gli animali selvaggi, le montagne impervie, le dolci colline del Natal, l’oceano, la vita degli indigeni, le battute di caccia, il lungo percorso di affrancamento dall’apartheid e l’ingresso nella comunità internazionale. Così il suo primo libro pubblicato nel 1964, “Il destino del Leone”, racconta la storia di un ragazzo cresciuto in un ranch africano. Da allora il successo di Wilbur Smith ha travolto il mercato editoriale, con quattro serie principali, “Il ciclo dei Courteney navigatori”, “i Courteney d’Africa”, “i Ballantyne”, “i romanzi Egizi”:  trentatré titoli che lo hanno inesorabilmente battezzato assoluto “maestro dell’avventura”. 120 milioni di copie vendute in tutto il mondo, Smith è uno dei massimi autori di bestseller. Il suo ultimo romanzo è “La legge del deserto”, pubblicato in Italia dalla casa editrice Longanesi all’inizio del 2011.

di Ilaria Campodonico