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La guerra non ha un volto di donna

In momenti di crisi, come quello in cui siamo precipitati, dobbiamo tutti decidere chi amiamo e continuare a studiare la realtà affidandoci a voci autorevoli, non conformi, valorose nel loro modo di essere impegnate, nel loro uso retto del linguaggio. Di queste persone non ne nascono poi molte, possiedono una fede indefessa nella ricerca della verità che le rende croniste indispensabili, figure per le quali finiamo per provare profonda gratitudine. Svetlana Aleksievič è senz’altro una di queste. Nata in Ucraina negli anni ‘50 da padre bielorusso e madre ucraina, giornalista e scrittrice, da testimone non mediata ha saputo raccontare i principali eventi accaduti in Russia nel nostro secolo. Critica nei confronti del regime dittatoriale bielorusso, è stata perseguitata dal presidente Lukašenko, la sua opera bandita dal paese. Con i suoi libri tradotti in più di quaranta lingue, è stata riconosciuta Premio Nobel per la Letteratura nel 2015. Questo è un lavoro durato anni e anni di incontri (e ascolto) con infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, sminatori, aviatrici, tiratrici scelte. Così scopriamo che libri come La guerra non ha un volto di donna possono aiutarci a sopportare l’esistenza, ma soprattutto a tener testa agli accadimenti persino contrari alla nostra ragione.

La guerra non ha un volto di donna

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Svetlana Aleksievič

Bompiani 2017

Pagine 464

Euro 13

Ilaria Campodonico