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APHEX TWIN – …I Care Because You Do

Con …I Care Because You Do, Aphex Twin smette di guardare al futuro per scavare nei nervi scoperti del presente. Niente jungle ipercinetica né IDM da laboratorio: qui Richard D. James lavora per sottrazione, con beat spezzati e melodie distorte che sembrano suonate da un pianoforte in fiamme.
I titoli dei brani, spesso anagrammi del suo nome, sono enigmi, ma la musica è visceralmente chiara: inquieta, ironica, profondamente umana. Sembra musica elettronica lasciata marcire in una cantina, eppure ogni suono pulsa di vita.

È un disco che sa essere brutale (“Ventolin”, un attacco d’asma in forma sonora) ma anche stranamente lirico (“Alberto Balsalm”, una ninna nanna aliena). È un’opera che non chiede di essere capita, ma assorbita come un sogno disturbato.
La tensione tra caos e controllo è costante: ogni traccia sembra sfiorare il collasso senza mai perderlo davvero. Richard D. James orchestra il disordine con la precisione di un chirurgo impazzito.
Dietro l’estetica da scienziato pazzo si intravede qualcosa di più emotivo, quasi confessionale. È come se Aphex Twin mettesse a nudo il suo subconscio, ma filtrato da una maschera deformante.

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In copertina, il suo volto deformato anticipa l’era in cui l’autore è opera d’arte. Un’icona disturbante che dice tutto prima ancora di premere play. Ma …I Care Because You Do resta uno degli album più “umani” di Aphex Twin: non perché consola, ma perché ti guarda dritto negli occhi mentre tutto intorno si sgretola.

Riccardo Davoli