
La notizia è di pochissimi giorni fa: i Fontaines DC hanno scelto anche per il prossimo anno Roma come cornice per la presentazione di Romance, il loro ultimo album. Adesso, però, riavvolgiamo il nastro per tornare a dove tutto è cominciato.
Carlos O’Connell, Conor Curley, Conor Deegan, Grian Chatten e Tom Coll si sono incontrati tra i corridoi del British and Irish Modern Music Institute di Dublino, accomunati da una passione viscerale per la poesia. Questa connessione li ha portati a creare due raccolte poetiche, Vroom e Winding, ispirate ai poeti beat e ai grandi autori irlandesi. È da queste radici che nasce “Television Screens”, un brano del loro album di debutto Dogrel, originariamente concepito come poesia.
Con Romance, il quarto album in studio dei Fontaines D.C., la band irlandese sembra determinata a segnare una fase di trasformazione. Il primo singolo, “Starbuster”, mescola rock e rap, suggerendo un cambio di rotta verso sonorità più audaci. Nonostante un look fluorescente che potrebbe far pensare a una svolta nu-rave, l’album resta saldamente ancorato all’indie rock, pur lasciandosi alle spalle la componente post-punk dei lavori precedenti.
I Fontaines D.C. puntano ora su una maggiore accessibilità, evidente in tracce come “Here’s The Thing” e “Favourite”, dove Grian Chatten sperimenta un inedito falsetto. Le influenze spaziano da Lana Del Rey, citata esplicitamente in ballate come “In The Modern World”, a una gamma eterogenea di artisti, tra cui Korn e Blur, che testimoniano l’ambizione della band di raggiungere un pubblico più vasto.
Tuttavia, Romance appare meno incisivo rispetto ai suoi predecessori. Se da un lato offre brani di qualità, dall’altro manca del mordente e della tensione emotiva che caratterizzavano album come Dogrel e Skinty Fia. Più che un’evoluzione sonora, il vero cambiamento sembra essere l’abbandono del rock come visione e attitudine.
Riccardo Davoli