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Quartet Gipsy

Django Reinhardt Gottlieb 07301

(Isak – George – Albert Mihai – Marian Serban)

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La varietà di scoperte e di incontri che è possibile fare ponendo attenzione a ciò che succede intorno a noi senza abbandonarci alla fretta e al nostro egoismo è incredibile: conosco gente che con questo metodo si è sposata. E altri che sempre grazie ad esso hanno trovato il giusto stimolo per divorziare. A me (e a tanti altri irriducibili sognatori tenaci) è servito per imparare a riconoscere e ad apprezzare il più possibile dal più possibile, e a farlo nella maggior parte delle occasioni. Non sempre riesce. Quando riesce, è bellissimo e molto emozionante. Come quando ti ritrovi appiedato sull’Ostiense, devi arrivare a piazza Risorgimento, e ne approfitti per passare in mezzo alla città, che a pensarci bene era tanto che non lo facevi, e non sai bene neanche il perché. E all’altezza di Trastevere, in una piazza in cui sei passato migliaia di volte e in cui hai visto decine e decine di artisti di ogni tipo, trovi un piccolo quartetto eccezionale dedito alla musica gipsy – genere che su di me, pantagruelico divoratore sonoro con preferenze rock e dance, ha sempre inspiegabilmente avuto un fascino irresistibile. Ti accorgi di dovere andare dopo un ipnotico quarto d’ora, compri al volo un cd masterizzato e scappi via controvoglia. E a casa ti ritrovi ad ascoltare una dopo l’altra una fila di perle che vanno da “Autumn leaves” a “Libertango” di Piazzolla, dalla “Danza delle spade” di Kachaturian a Strauss e alle sue “Voci di primavera”: tutte riarrangiate e riproposte in chiave gipsy.

Post scriptum. I nomi nel titolo sono quelli dei quattro componenti di questo strepitoso quartetto, e la foto che accompagna l’articolo è quella di Django Reinhardt, iniziatore del genere: un piccolo modo per ringraziarli tutti e cinque.

Flavio Talamonti